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Thierry Cretin: “Obbligatorietà verso discrezionalità dell’azione penale”

Thierry Cretin: “Obbligatorietà verso discrezionalità dell’azione penale”

Sullo sfondo del Palamaragate e di Magistratopoli, pubblico la seconda parte dell’intervista a Thierry Cretin.  Autore di un libro sulle mafie, tradotto in diverse lingue, è stato Procuratore della Repubblica di Lione, ed il PM nel processo che, con la condanna per corruzione, decretò la fine delle ambizioni da Presidente della Repubblica, di Michel Noir, il potente sindaco gollista della città. Delle circostanze della sua mancata nomina al posto di Direttore Generale dell’OLAF, quando doveva essere il successore naturale del Procuratore bavarese Franz-Hermann Bruener, ne ho parlato sul Riformista del 6 Novembre . La prima parte dell’intervista è stata invece pubblicata il 7 novembre.

L’obbligatorietà per alcuni è l’alibi per aprire con disinvoltura indagini su obiettivi remunerativi, soprattutto sul piano della pubblicità. E in Francia?

In Francia a seconda che la fonte sia identificata e chiara o meno, l’applicazione del principio di legalità o di opportunità non porta alle stesse conseguenze. Ricordo che in qualità di sostituto procuratore, capo della sezione economica e finanziaria della Procura della Repubblica di Lione, nel momento in cui stavamo perseguendo diversi casi di finanziamento illegale di partiti o personaggi politici, ricevevamo quasi quotidianamente lettere anonime che denunciavano appropriazioni indebite, corruzioni e tutti i tipi di crimini finanziari. Il principio di convenienza applicabile ci ha permesso di valutare se gli elementi portati alla nostra attenzione fossero o meno sfruttabili, se dovevano essere classificati senza follow-up con o senza pochi controlli minimi.

E le denunce anonime?

Posso dirle che molte lettere anonime, palesemente persecutorie, venivano archiviate senza ulteriore esame. Anche quelle un po’ più esaustive lo erano, tranne quando appariva dall’inizio che alcuni rapidi controlli avrebbero potuto provarci la gravità delle accuse. Infine, quelli sufficientemente dettagliati per iniziare a pieno titolo un’attività investigativa sono stati trattati nell’ambito del regime dell’indagine preliminare, o addirittura trasmessi a un giudice istruttore se per caso vi erano collegamenti con casi già in corso.

Alcuni sostengono che se l’azione penale non fosse obbligatoria, vi sarebbe l’arbitrio.

Quello che intendo presentando questi esempi è che il pubblico ministero francese svolge un vero lavoro di analisi della gravità della denuncia e dei possibili sviluppi giudiziari utili che essa presenta. Credo sia essenziale chiarire un’ambiguità in questa fase: questa valutazione caso per caso è stata arbitraria come la parola “opportunità” potrebbe indurre a credere? Niente affatto perché è un vero lavoro di magistrato, di valutazione il più oggettiva possibile degli elementi presentati. Non si tratta di fare affidamento sulla soggettività di un pubblico ministero, ma di effettuare un’analisi oggettiva dei fatti riportati.

Ma questo sistema non può prestarsi ad una sorta di influenze indirette?

A coloro che temono che influenze indirette possano interferire in questa decisione di classificazione, va semplicemente ricordato che la decisione di archiviazione del pubblico ministero non ha carattere giurisdizionale e che finché non è stato raggiunto il termine di prescrizione, esso può annullare la sua decisione. C’è anche un’ulteriore barriera contro l’arbitrarietà: qualsiasi cittadino può diventare parte civile e avviare un procedimento penale. Quindi penso che questo sistema sia rilevante. Ha dimostrato la sua efficacia. Conduce il pubblico ministero ad assumere le sue decisioni con piena responsabilità senza bloccare il procedimento penale.

E l’obbligatorietà italiana, invece? Una sorta di simulacro?

L’azione penale obbligatoria, in base al principio di legalità dell’azione penale (come nel caso dell’Italia o della Germania), obbliga il pubblico ministero ad aprire un fascicolo. Conosco l’argomento alla base di questo approccio: sarebbe più in linea con lo Stato di diritto perché non c’è spazio per l’arbitrarietà o per la personalizzazione. Ma so anche per esperienza che è una fonte di sovraccarico dei tribunali. In effetti, le Procure italiani aprono fascicoli che si sa fin dall’inizio che non hanno nessuna possibilità di dare risultati concreti.

E quindi?

Quindi aprono e a volte non fanno nulla, aspettando che la prescrizione faccia il suo lavoro. Sarebbe ingenuo credere che questo eviti l’arbitrio perché si può quindi aprire un fascicolo su qualsiasi accusa, seria o no, anonima o meno. Ho persino dovuto conoscere le circostanze in cui si pone la questione se non esista una qualche forma di autoreferenzialità, il che solleva immediatamente la questione delle motivazioni di un tale modo di fare le cose.

Quindi, qual è il suo giudizio finale nel dibattito opportunità verso obbligatorietà dell’azione penale?

Nel dibattito tra “opportunità” e “obbligatorietà” dell’azione penale, sono giunto alla conclusione che nessuna delle due è una soluzione perfetta e assoluta. Devi essere lucido ed evitare l’ipocrisia; in realtà, è ciò che i pubblici ministeri ne fanno che è importante. E lo devono fare in riferimento al principio di buona giustizia, vale a dire di una giustizia che non prende le sue decisioni in base alla qualità o notorietà delle persone interessate, ma secondo gli elementi di fatto del caso.

Cosa che in Italia sembra spesso un sogno.

Un pubblico ministero deve essere sia un magistrato determinato a ricercare la verità sia ad analizzare rigorosamente la validità delle prove raccolte, entrambi devono essere equilibrati. Ho sempre sostenuto che ci vuole coraggio per essere un pubblico ministero: il coraggio di perseguire (anche persone potenti) quando il caso è costruito attorno a prove forti e il coraggio di non perseguire quando non ci sono prove sufficienti. Ciò che conta in un processo sono solo le prove.

(3. continua)

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