A pochi giorni dal suo lancio ufficiale in Italia e nell’Unione Europea, Threads è già al centro di dibattiti accesi, non solo tra gli analisti, ma sembra aver destato un certo stupore anche tra gli utenti di Instagram, soprattutto tra coloro che rientrano nella fascia di età under 20, cresciuti a pane, video e storie, e nient’altro. Da una prospettiva più ampia, Meta non fa mistero del suo intento di sfidare apertamente e esplicitamente Twitter-X di Elon Musk sulla cui governance si può stendere un velo pietoso a giudicare dai cali di fatturato, dalla mancanza di controllo sulle notizie false e dalle polarizzazioni su ogni argomento. In questo contesto di crisi dei linguaggi “social” – emblematicamente rappresentata dalla piattaforma di Musk – emerge così la nuova realtà sociale proposta da Mark Zuckerberg nata mesi fa e dapprima sospesa per gli utenti europei per problemi di trattamento dati. Superate le prime preoccupazioni relative alla privacy da giorni il nuovo social network ha il via libera per connettere gli utenti italiani, sia attraverso il browser che tramite le app dedicate.
Dal punto di vista qualitativo, parlando con numerosi studenti, sembra che Threads stia spiazzando anche la generazione Instagram abituata a esprimersi sui social attraverso la triade video-foto-storie, ma meno incline a comunicare con un pensiero scritto (anche breve) carico di senso. È un fatto documentato nella timeline dei fenomeni digitali italiani: all’origine di Instagram nel 2010, dedicato esclusivamente alla fotografia, nessuno avrebbe osato mettere in discussione un social come Twitter, dove era nata l’intellighenzia web italiana, interessata più a costruire relazioni tra pari e ad approfondire fatti altrui senza finalità economiche, pronta a commentare il palinsesto televisivo o un risultato sportivo. La narrazione di sé includeva certo una dose di surrealtà e narcisismo, ma la libertà e l’entusiasmo di stare sui social facevano sentire gli utenti pionieri di qualcosa di nuovo.
Poi tutto è cambiato in peggio nell’ambito del linguaggio polarizzato in tribù in cui la complessità si è piegata alla like-crazia in politica come in quasi tutti gli aspetti della vita. Mentre scrivo decine di migliaia di utenti ex-twitter dichiarano di voler stare dentro un network più sano e meno intossicato. Con Threads gli utenti più giovani potrebbero scoprire di scrivere finalmente anche qualcosa che rimanga nel loro “diario digitale” per poter magari andare oltre quelle noiosissime stories che ricicciano la stessa solfa di giorni prima (anche sta cosa di non postare ma di creare robe estemporanee dice molto del situazionismo social degli ultimi anni ma tant’è). Andare oltre per tornare a prima che i frames togliessero a molti il dono di un’opinione che non deve essere per forza un trattato di venti pagine ma neanche un insulto, una parolaccia. Ci sono utenti (normali o creator) che pur nella loro bravura potrebbero andare oltre un video o una foto magari postando una battuta, un aforisma “originale”, un commento ficcante. Fino ad oggi dentro la bolla instagram non era possibile ma con Threads torna la parola e la sua efficacia.
Lo stesso nome del social vorrebbe promettere “conversazioni” improntate sulla libertà e sul rispetto dei punti di vista. E’ possibile – ho letto e sono d’accordo – ricreare uno spazio digitale dove conversare, ascoltare, informarsi, provare a capire le ragioni dell’altro? Dove ci si chiede scusa e si dice grazie? Non lo so ma tira aria buona per volare e speriamo che non arrivino i soliti cecchini dell’odio in rete visto che un uccellino blu ci ha rimesso le penne.
Pace all’anima twittera sua.
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