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Urgenza riformista: separare le carriere dei magistrati

Il riformismo demolibertario
Urgenza riformista: separare le carriere dei magistrati

Separiamo le carriere. Nel perseguire l’interesse generale di tutti gli individui ad avere una giustizia istituzionalmente giusta, non possiamo ritardare e nemmeno ostacolare la separazione delle carriere della magistratura ordinaria. Dobbiamo promuovere la cultura delle garanzie con la separazione delle carriere. Subito.

Sono maturi i tempi affinché i giudici e i P.M. siano istituzionalmente riferibili a organi diversi, che ne garantiscano autonomia e indipendenza in modo utile alla sana vita liberaldemocratica dello Stato di diritto garantista. Occorre che gli spazi legali ed istituzionali dove promuovere le carriere dei giudici e dei P.M. siano distinti e differenti, divisi; non è più possibile una (magari) inconscia ed irriflessa, biunivoca influenzabilità di funzioni, tra il settore giudicante e quello inquirente-requirente della magistratura italiana.

Il ddl costituzionale (“Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”), presentato alla Camera dei deputati il 13 giugno 2024, attribuisce la materia disciplinare per i magistrati ordinari ad un’Alta Corte, composta di quindici giudici. Nove di tali quindici giudici saranno magistrati estratti a sorte – sei giudicanti e tre requirenti – che svolgono, o hanno svolto in passato, funzioni di legittimità; e i restanti sei giudici, invece, saranno professori ordinari di università o avvocati nominati, nel numero di tre, dal Presidente della Repubblica e sorteggiati in pari numero dal Parlamento con criteri analoghi a quelli previsti per i due neoistituendi CSM.

Il fatto che nel settore disciplinare voluto dai riformatori di governo i giudici e i P.M. ritornino insieme all’interno di un’Alta Corte composta da diverse anime – fatto che il 31 agosto nella kermesse La Piazza a Ceglie Messapica è stato criticato come contraddittorio rispetto allo spirito separatista dal presidente dell’ANM Santalucia, nel suo confronto pubblico con il viceministro Sisto – attiene ad un profilo diverso.

È stato infatti ritenuto opportuno far tornare uniti giudici e P.M. soltanto negli affari eventualmente patologici di un percorso funzionale dove ordinariamente saranno separati; ma nella gestione delle nomine o degli avanzamenti di carriera, i soggetti istituzionali devono necessariamente rimanere distinti e diversi, sempre separati. E così sarà. A prescindere, il potere giudiziario organizzato meta-sindacalisticamente non è contrario solo alla composita Alta Corte disciplinare, bensì al concetto stesso di separabilità delle carriere della magistratura ordinaria: e questo è un fatto imprescindibile nella dialettica che in questa estate – anzi, da sempre – si agita tra i vari poteri dello Stato italiano.

Occorre separare le carriere, per garantire ex ante, durante ed ex post ai procedimenti d’indagine e ai processi la giusta, inalienabile serenità sulla terzietà del giudice, per chi da presunto innocente viene sottoposto a iter pubblici d’accertamento sui fatti. Se ad accertare i fatti, sullo scranno della pubblica accusa e su quello del giudicante, continueranno ad esservi persone appartenenti ad un unico ordine giudiziario con un CSM monolitico, la giustizia continuerà ad esser posta quotidianamente alla mercè ordinamentale di un rischio umano più elevato. Il rischio che presenta l’attuale CSM monolitico, pur nella bravura dei tantissimi magistrati, è un rischio connaturato nonché intrinseco alla medesimezza della fonte produttrice degli agglomerati correntizi, sottesi alle carriere personalizzabili dell’attuale magistratura ordinaria.

Se l’ANM ritiene che non esista questo rischio, nessun problema: l’ordinamento costituzionale garantista con la separazione delle carriere si doterebbe di una garanzia in più per tutti-tutti (nessuno escluso).

A voler aulicizzare per un momento i toni in modo ironico, cito un filone culturale non in sintonia con il mio razionalismo empirico. Spero sia gradito nel recare un sorriso a tutti-tutti, nel bel mezzo del campo di confronto. Solitamente scomodo Voltaire e Montesquieu. Ma stavolta, ironicamente, scomodo Blaise Pascal.

Si faccia un po’ come la scommessa pascaliana: voi scommettete, se Dio esiste ben venga, avete vinto la scommessa al termine della vita, altrimenti se Dio non esiste avete comunque vissuto – e lasciato vivere – meglio le persone. Se il rischio di commistione nella unicità delle carriere dei magistrati ordinari esiste, scommettete bene sulla separazione delle carriere nella buona fede d’intenti dei cittadini; se il rischio dovesse non-esistere, avrete comunque dato più sicurezza ai cittadini quanto alla giustizia giusta da esercitare in nome del popolo italiano nelle vite concrete, in carne ed ossa e spirito degli individui, presunti innocenti fino all’ultimo grado di giudizio.

In tema di garanzie vive dello Stato di diritto, meglio una garanzia in più che una in meno, soprattutto se quella garanzia è connaturata alla natura stessa dei soggetti che dovrebbero applicare la legge. Separiamo le carriere, nella buona fede comune di tutti. Si tratta di un’urgenza? Sì, un’urgenza riformista. Separiamo le carriere, subito.

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