Bluff Act: la doppia morale della Cgil (che licenzia lo storico portavoce) e della sinistra nei riguardi del Jobs Act

MAURIZIO LANDINI SEGRETARIO CGIL

Non capita a tutti di essere licenziati dal sindacato. A me è successo. La Cgil mi ha licenziato il 4 luglio”. Con parole da grandissimo signore, che trasudano (fino all’amore direi) attaccamento a una maglia servita con passione per quarant’anni, Massimo Gibelli, portavoce storico della Cgil si congeda, licenziato, dalla stessa, dopo aver chiesto – dice – per due anni di essere riassegnato a nuova mansione all’interno di “un’organizzazione di 5 milioni di iscritti, composta da 12 categorie nazionali, 21 strutture regionali, 102 Camere del lavoro, patronati, Caaf, società di comunicazione, sedi all’estero in tre continenti, incarichi in enti pubblici e in commissioni di varia natura, retribuiti e non”.

Incredibile: anche la Cgil licenzia. Eppure, a favore di telecamere, si lagna della precarietà del lavoro (altrui) fino a lanciare, dal palco della festa del Fatto, uno sciopero generale contro il Governo della precarietà. Anche la Cgil licenzia utilizzando il Jobs Act (!), contro cui si appresta a lanciare una crociata (come al solito, solo mediatica), dopo averlo qualificato causa di ogni precarietà (sempre altrui, ovviamente). Anche il Segretario della Cgil Maurizio Landini fa scena muta (come un peone qualunque pizzicato fuori dal Parlamento a fare una marachella) davanti a Giorgia Mennuni, inviata da Quarta Repubblica, che gli chiede se fosse a conoscenza della cosa, e delle relative modalità legate al Jobs Act che in pubblico critica, e che però in privato usa. Eppure, di solito Landini non vede l’ora di apparire in tv, dove sparge populismo un tanto al chilo con grande loquacità.

La doppia morale dell’estrema sinistra, quella per cui si è giudici implacabili dei comportamenti altrui e avvocati dei propri, contro il contante libero per i cittadini ma con 20mila euro nella cuccia del cane (Cirinnà), contro la politica ladra ma con le colf in nero (Fico), contro le auto blu che però si tiene in eterno (Conte), contro le assoluzioni altrui ma garantista in caso di condanna per sé (Davigo), attende l’esito delle vicenda dei lavoratori in cassa integrazione del PD, che da più lavoro e diritti è finito a difendere il reddito di cittadinanza grillino pagato dalle tasse proprio di quei lavoratori di cui un tempo ambiva a tutelare la crescita.

Speriamo non vengano licenziati perché è in questa ipocrisia di estrema sinistra, e non solo, che risiede il vero spread tra serietà politica e teatrino che tanto male fa all’Italia, e che annega l’ambizione che dovrebbe corredare l’azione politica sotto le singole carriere di signori che spesso mai hanno lavorato davvero, rappresentano sempre meno chi si spacca la schiena al lavoro, e poggiano il loro protagonismo su pensierini belli che riguardano sempre gli altri ma che frenano il benessere di chi lavora e di chi vuole farlo, unico argine, questo davvero, alla povertà che gli sta a cuore solo a chiacchiere.

Almeno risparmiateci la predica: se volete licenziare utilizzando il Jobs Act, astenetevi dal criticarlo. Se lo criticate, non lo usate. Tertium non datur.