L’accessibilità è un diritto fondamentale che deve essere garantito alle persone con disabilità. Lo sancisce la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia già dal 2009, e lo ha affermato la Corte Costituzionale. Per queste ragioni adottare un sistema di incentivi per promuovere l’eliminazione delle barriere architettoniche è doveroso, specie in un Paese come l’Italia in cui l’invecchiamento della popolazione cresce costantemente, col conseguente aumento delle persone con difficoltà motorie, sensoriali e comunicative.
L’obiettivo del cosiddetto bonus fiscale “barriere architettoniche” è, dunque, del tutto condivisibile. Così come è corretto che non si subordini la sua applicazione alla presenza nell’immobile di una persona con disabilità.
Questo perché per accrescere davvero l’accessibilità degli edifici occorrono misure con un impatto generalizzato su tutto il nostro patrimonio edilizio visto che ancora oggi per una persona con disabilità trovare un appartamento accessibile è una vera e propria impresa. Su queste premesse siamo tutti d’accordo. Tuttavia, come ben insegna il bonus 110%, non bastano le buone intenzioni per evitare l’inferno di voragini nei conti dello Stato derivanti da un uso scellerato, se non truffaldino, di agevolazioni fiscali perimetrate maldestramente.
È il rischio che corriamo con il bonus “barriere architettoniche”. Partito con paletti onestamente fin troppo restrittivi, ora rischia di diventare un lasciapassare per finanziare interventi che con l’obiettivo dell’accessibilità non hanno nulla a che vedere. Il rischio è che alla fine dell’anno, così come accaduto per il super bonus, si scopra che abbiamo sprecato risorse preziose per realizzare una vera accessibilità, rendendo impossibile mantenere una misura che – se ben delineata – è fondamentale per accrescere il grado di civiltà del nostro Paese. Il Governo si fermi finché è in tempo e selezioni con serietà gli interventi finanziabili, magari cogliendo l’occasione per mettere finalmente mano alla normativa sull’accessibilità, vecchia e inadeguata, così come richiesto da anni dalle Associazioni e dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
