I nuovi membri dei Brics, Iran, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, si sono uniti ai paesi fondatori del blocco questa settimana a Rio de Janeiro per il primo vertice completo dal loro ingresso nel 2024. La crescente presenza mediorientale in questo tentativo di alleanza di paesi antiliberali e autocratici aggiunge opportunità e complessità. L’Arabia Saudita è ancora indecisa sull’ingresso. Sebbene ufficialmente invitata nel 2023, Riad ha rimandato l’adesione formale, soprattutto a causa dei suoi stretti legami con Washington.
A gennaio, il presidente Donald Trump aveva avvertito che i Brics avrebbero dovuto impegnarsi a non creare una nuova valuta – né a sostenere alcuna alternativa che potesse sostituire il dollaro statunitense – altrimenti avrebbero subito dazi del 100%. I leader dei Brics hanno a lungo utilizzato i loro vertici per promuovere la “de-dollarizzazione”, proponendo anche il commercio di valute locali, il sistema di pagamento BRICS e persino una potenziale valuta comune a tutto il blocco. Ma l’attuazione di questo progetto al momento è fallita, è stata limitata e con scarsi risultati tangibili. Riad è rimasta ai margini in questo vertice che ha prodotto solo generiche dichiarazioni congiunte. Le sanzioni occidentali contro la Russia, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, hanno accelerato i negoziati tra i Brics per un’unione monetaria, ma il commercio intragruppo si basa ancora in modo preponderante sul dollaro.
I dati del FMI mostrano un utilizzo limitato dello yuan o delle valute locali nei flussi commerciali dei Brics. La sfida è ancora più grande per i nuovi membri. I paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), come gli Emirati Arabi Uniti, hanno sistemi finanziari profondamente legati al dollaro. Con valute ancorate alla valuta statunitense, infatti qualsiasi fluttuazione del dollaro Usa ha un impatto diretto sulle loro economie nazionali. Per i nuovi membri del Medio Oriente, l’inclusione in questo forum può offrire nuove opportunità di diversificazione economica. Di fronte a sfide economiche, tra cui l’elevato debito pubblico e l’inflazione, l’Egitto considera i BRICS una piattaforma per diversificare i propri partenariati, mentre l’Iran vuole utilizzare il gruppo per aggirare le sanzioni e il suo isolamento economico. Grazie alla loro lungimirante strategia di diversificazione, gli Emirati Arabi Uniti potrebbero sfruttare i Brics per partnership tecnologiche e scambi commerciali. L’eventuale partecipazione dell’Arabia Saudita potrebbe contribuire al raggiungimento della sua agenda Vision 2030, riducendo la sua dipendenza dal petrolio.
Dal punto di vista dei membri fondatori dei Brics, l’inclusione dei paesi produttori di energia del Golfo appare strategica e intesa come dimostrazione di forza, ma potrebbe esporre il gruppo all’instabilità mediorientale e alle faglie regionali emerse di recente dopo la guerra tra Iran e Israele. Le tensioni geopolitiche globali in corso aumentano la posta in gioco per la partecipazione ai Brics. L’Iran si trova ad affrontare le sfide più grandi e in quanto soggetto a sanzioni finanziarie internazionali, possiede sia risorse che capacità produttiva, ma ha scarso bisogno di importazioni di basso valore. Teheran è più interessata all’impatto politico più ampio dei Brics rispetto agli altri, ma resta da vedere cosa i membri del gruppo potranno offrire all’Iran. Sebbene i Brics potrebbero non trarre benefici immediati o diretti dall’ingresso degli stati mediorientali, gli Emirati Arabi Uniti rappresentano chiaramente un “vantaggio importante” per il blocco, inoltre le risorse naturali e la produzione industriale di un Iran pacifico potrebbero rivelarsi preziose in futuro.
Gli Emirati Arabi Uniti sperano di svolgere un ruolo importante nel delineare le opportunità di investimento attraverso la Nuova Banca di Sviluppo, l’Egitto cercherà nuovi investimenti non in dollari in un mercato globale in contrazione per la produzione industriale a basso costo del lavoro. Possiamo dire che l’inclusione dei paesi mediorientali, partner strategici degli Stati Uniti, finirà col minare la premessa di base dei Brics di essere una vera alternativa al G7 e un’organizzazione tacitamente anti-USA. All’interno dei Brics, le opinioni divergono moltissimo: l’India minimizza la de-dollarizzazione, mentre il Brasile dà priorità alle infrastrutture commerciali e appena un anno dopo, il desiderio di Ankara di diventare membro a pieno titolo del club New Delhi ha posto il veto all’ingresso della Turchia per le tensioni con l’India che sono aumentate a causa degli aiuti militari turchi al Pakistan.
Le speranze di Ankara di entrare nei Brics sono state per ora infrante e all’interno del gruppo la posizione turca ha perso slancio per la forte diffidenza di Mosca e Pechino che non vogliono che un paese Nato e candidato all’ingresso nell’Unione europea possa entrare a far parte di questa organizzazione antioccidentale, ritenendo che il suo ruolo possa essere solo quello di paese invitato ai vertici.
