Con il voto del sette giugno del 1953, a conclusione di una intensa e cruciale campagna elettorale, Giorgio Napolitano, non ancora trentenne, fu eletto deputato della Repubblica. Oggi Giorgio compie 98 anni. Sono trascorsi settant’anni da allora. Una intera vita di operosa attività al servizio delle istituzioni. Impeccabile presidente della Camera dei deputati tra il ‘92 e il ‘94 in una fase tra le più difficili ed aspre del dopoguerra, ministro degli Interni dal ‘96 al ‘98 nel primo governo con i democratici di sinistra, presidente della Repubblica dal 2006 al 2015, gli anni della crisi economica e finanziaria. Al Quirinale, Giorgio ha mostrato insospettabili riserve di energia e determinazione. Fu grazie alla sua iniziativa che il Paese riuscì ad affrontare il passaggio dell’autunno 2011 quando l’intreccio inestricabile tra crisi finanziaria e collasso politico istituzionale sembrava condurre l’Italia al fallimento. Fu tenace Giorgio nello sforzo teso a richiamare dal Quirinale i governi alla realizzazione delle riforme economiche e istituzionali, tra cui quella della giustizia, necessarie al Paese. I suoi appelli furono vanificati dalla rissosità tra gli opposti schieramenti e da un clima di tensione permanente. In quegli anni, ad addolorarlo fino alle lacrime fu la morte improvvisa di Loris D’Ambrosio suo consigliere giuridico, un infaticabile servitore dello Stato sopraffatto fino alla morte da una campagna ingiuriosa e violenta. Agli attacchi sconsiderati del populismo montante, alla fatica, alle amarezze Giorgio saprà resistere.
Napolitano appartiene a quella generazione di giovani giunti al Pci alla fine della guerra attratti dalla politica di unità nazionale e di ricostruzione dell’Italia che il partito guidato da Palmiro Togliatti portava avanti. In quel decennio di forti passioni come scrisse un suo grande amico, Paolo Spriano, si rafforzerà in Napolitano il convincimento che gli interessi generali del Paese dovevano costituire la bussola della politica del movimento operaio, la politica era impegno teso a battersi per le proprie idee ma, insieme, sforzo per intendere le ragioni dell’avversario.
Di Giorgio mi ha sempre colpito, già negli anni lontani dei primi colloqui a Napoli, io giovane comunista e lui autorevole dirigenti del Pci, la curiosità intellettuale, l’apertura alle sfide del tempo, la saldezza di un orientamento politico e ideale che irrobustiva con lo studio e le letture. Giorgio ha conosciuto il grande economista Piero Sraffa, ha avuto un profondo scambio intellettuale con Eric Hobsbawm l’autore del “Secolo breve”, intensa è stata la collaborazione con Jaques Delors sul tema dell’Europa è della sua unità. Tema che costituirà il punto centrale dell’impianto politico e culturale di Napolitano. L’europeismo, scrisse Giorgio ricordando le battaglie politiche condotte nel suo partito, “fu l’approdo verso il quale fummo spinti dalla nostra esperienza e dal nostro travaglio a partire dalle riflessioni che faticosamente maturarono già in seno al Pci”.
Napolitano si è battuto con tenacia prima nel Pci, poi nel Pds e nei Ds perché la sinistra italiana ritrovasse il filo politico e ideale del rapporto con la cultura politica più moderna della sinistra europea. Si è battuto per contrastare regressioni politiche, ambiguità culturali, per costruire una forza democratica della sinistra collocata nel campo del socialismo europeo, dal netto profilo di governo. Una battaglia difficile, non mancarono incomprensioni, sconfitte dolorose, solitudine.
La soglia avanzata della vita raggiunta non gli ha impedito di continuare a riflettere sulla vicenda politica e sociale italiana. Non ha smesso di interessarsi ai problemi del Mezzogiorno, considera del tutto attuale la grande tradizione meridionalista. Resta vivo il suo interesse per Napoli. Giorgio si sente fino in fondo napoletano. Ha difeso la città contro gli stereotipi che l’assillano, ha combattuto il fenomeno deteriore della “napoletaneria”. Nel nostro ultimo incontro, in parole pronunciate a fatica, ho colto la commozione che lo invade ricordando Napoli. Alcuni anni fa, quando fu pubblicato il libro di Erri De Luca “Monte di Dio”, Giorgio, commosso, scrisse un messaggio all’autore complimentandosi e ricordando la sua adolescenza vissuta in quel quartiere della città negli anni della guerra.
Oggi Giorgio compie 98 anni. Una esistenza la sua che parla agli italiani che aspirano ad una politica che riguadagni fiducia e dignità. Ed è questa una delle tante ragioni del debito di amicizia, affetto e gratitudine che intendiamo testimoniare.
