Calenda e i Volenterosi 4.0: “Simbolo unitario nel 2026, M5S e AVS danno la linea a Schlein. Meloni? Italia ferma, no appoggio a governo”

CARLO CALENDA AZIONE

Carlo Calenda, leader di Azione ed ex ministro dello Sviluppo economico, guida oggi il cantiere di un’area liberale autonoma dai due poli. Al Riformista chiarisce obiettivi, alleanze e priorità su energia, difesa ed Europa.

Qual è il progetto che avete in mente? Azione si unirà con altri soggetti?
«Faremo ciò per cui siamo stati votati: lavoro pragmatico sui temi e corsa alle elezioni né con la destra né con la sinistra. Alla sinistra contestiamo posizioni assurde su esteri ed energia; la destra ha un problema con Salvini e Vannacci e non realizza nulla. Invitiamo Liberaldemocratici, Ora (ex Drin Drin) e Più Europa a costruire una formazione liberale per le prossime elezioni».

Farete un partito unico o una federazione?
«Azione è disponibilissima ad ampliarsi nelle forme che si riterranno giuste».

Ci saranno congressi?
«I congressi li abbiamo appena finiti noi, i Liberaldemocratici e anche Ora. Nel 2027 ci sono le elezioni e probabilmente una nuova legge elettorale con l’indicazione del candidato premier. A febbraio ’26 si parte: chi vuole starci ci sta, chi non vuole, amen! Invito esteso ai riformisti del PD e alle componenti cattolico-liberali e popolari».

Il rapporto con l’area riformista del Pd, che con Gentiloni sta rialzando la voce, vi interessa?
«Sì, ma il problema resta l’alleanza del PD con M5S e AVS che sembrano dare la linea a Elly Schlein. Così si perde e non si rappresenta il mondo liberale e riformista. Noi guardiamo al centro liberal-democratico e popolare, con proposte anche radicali contro le rendite parassitarie nell’energia. Porte aperte: decidano loro se unirsi».

E di Giorgia Meloni cosa pensa?
«Ha due punti forti: politica estera e rigore di bilancio. Ma sul resto l’Italia è ferma: crescita assente, troppa inesperienza in diversi ministeri; su industria ed energia non si affronta nulla. L’alternativa va costruita rifondando un’area liberale forte».

Azione appoggerebbe un governo Meloni?
«No: non sono convinto della sua azione di governo».

E un altro governo Meloni, in futuro, con una maggioranza più aperta?
«Le ipotesi stanno nel campo del possibile. Ognuno è figlio della propria storia e classe dirigente: Meloni, invece di occupare ogni posto, avrebbe dovuto allargare la base della classe dirigente. Così il cambio di passo non c’è stato».

Intanto vi dicono: siete la stampella del governo.
«Combattiamo giorno per giorno sulle cose utili. Einaudi diceva che l’opposizione deve avere l’obiettivo di far passare almeno un emendamento: se otteniamo Industria 4.0 sono felice. Viene prima il provvedimento rispetto a chi lo presenta».

E se la Lega si articolasse in un soggetto diverso, con un’area Zaia più ampia?
«Mi pare che Zaia rientri nei ranghi. Non vedo cambiamenti radicali né nel centrodestra né nel centrosinistra: si andrà al voto con questi assetti. Al di là degli auspici, non vedo Zaia che conquista la Lega né Gentiloni che lascia il PD».

E però anche pezzi più riformisti del Pd e più laici nella Lega potrebbero unirsi ai Volenterosi?
«C’è un mondo europeista e pragmatico disseminato nei due poli, ma lì non conta nulla. Decideranno se essere protagonisti di un momento nuovo della politica o restare nelle retrovie».

A proposito di tensioni nel centrodestra, c’è polemica sulle tasse alle banche tra Forza Italia e Lega.
«Sa cosa succede quando aumenti le tasse alle banche ogni anno?»

Che le pagano i risparmiatori.
«Appunto: gli utili aumentano e il costo si scarica sui clienti. Non servono tasse spot per dire “abbiamo tassato le banche”: bisogna mettere un freno alle rendite nei regimi regolati e in concessione, dove non si può scaricare sui cittadini».

Due leve su cui si muove Azione, l’energia e la difesa: due punti sui quali siete identitari.
«Subito: intervenire sulle concessioni idroelettriche che producono a 25–30 €/MWh e vendono a circa 120. Se rinnovi senza gara non puoi accettare utili “da Hermès” pagati dai consumatori: è rendita parassitaria. Poi, sul medio periodo, fare reattori di terza generazione “plus”, i più sicuri oggi, invece di inseguire Small Modular Reactors non pronti o la fusione. Difesa: il 2% vero, dire cosa manca alle Forze Armate, quanto costa e come si lavora con l’Europa. Basta trucchi contabili o infilare il ponte sullo Stretto».

Visto che parliamo di difesa c’è l’Ucraina, dove Putin continua il massacro quotidiano, lei è stato più volte in Ucraina…
«Ci tornerò a febbraio. Bisogna continuare ad armare l’Ucraina e costruire un “muro di droni” europeo. La Commissione si muove lenta e ogni Stato difende il proprio produttore: facciamo come ha fatto la Danimarca, prendiamo i migliori produttori in Ucraina, licenze e produzione in Europa, subito. Altrimenti l’Europa andrà a pezzi».

Rutte ha detto che non possiamo abbattere il primo caccia russo che sconfina.
«Giusto: deterrenza forte senza escalation. I caccia che sconfinano si riaccompagnano ai confini; quelli che attaccano si abbattono. Questa è la regola e deve restare tale».

Anche per la difesa europea ci sono i Volenterosi. Servono anche all’Italia…
«Sì, ed è il lavoro dei prossimi mesi: costruire un gruppo di Volenterosi con Azione, Partito Liberaldemocratico, Ora, Fondazione Einaudi e Più Europa. Servono coraggio e tempi rapidi: dopo le regionali si deve tornare a parlare solo dei problemi del Paese. Io giro tra territori e università: non possiamo aspettare mesi di congressi. Chiamatelo terzo polo, Polo Liberale o — come preferisco — Volenterosi: l’importante è farlo».