Camorra e droga, la moglie del boss comandava dal carcere: 7 arresti

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Comandava le attività criminali anche dal carcere, dove era reclusa. A scoprire il ruolo di dominus della moglie del boss Antonio Della Ventura, detto “il coniglio”, capozona a Caserta del clan dei Mazzacane, è stata una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli.

I militari del Nucleo Investigativo di Caserta hanno eseguito questa mattina l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Napoli nei confronti di Concetta Buonocore, moglie del boss, e altre sei persone con l’accusa a vario titolo di associazione di tipo mafioso (clan Belforte – Mazzacane) e traffico di sostanze stupefacenti.

In carcere sono è finito anche Michele Maravita, 33 anni, genero di Della Ventura, che secondo la Procura si avvaleva “del potere intimidatorio derivante dall’appartenenza al clan” per gestire “il traffico di sostanze stupefacenti nel capoluogo”.

I RUOLI DEGLI ARRESTATI – Nelle carte dell’inchiesta emerge che la moglie del boss, Concetta Buonocore, “era costantemente messa a conoscenza della situazione esterna da congiunti e collaboratori, e manteneva pertanto un costante controllo delle attività illecite del gruppo criminale, organizzando addirittura “regolamenti” di conti nei confronti di soggetti che avevano mancato di rispetto al genero Michele”. Quest’ultimo, per conto della suocera, “aveva assunto la direzione degli affari di famiglia gestendo le attività commerciali (una sala scommesse a Casagiove, un parcheggio e un negozio di animali a Maddaloni), dirigendo le attività illecite (stupefacenti, usura, estorsioni e riciclaggio) e provvedendo al sostentamento dei propri collaboratori e dei detenuti. Di fatto il punto di riferimento per gli altri appartenenti e affiliati al clan su Caserta, Maddaloni e comuni limitrofi”, scrive la Dda.

Altri due ruoli fondamentali nell’organizzazione spettavano ad Agostino Vergone e Consiglia D’Angelo, entrambi finiti in carcere. Vergone viene considerato “il braccio destro di Michele Maravita” e si occupava, secondo l’Antimafia, “della conduzione delle piazze di spaccio fornendo (e talvolta imponendo) le sostanze stupefacenti ai vari pusher”. D’Angelo è ritenuta invece la faccendiera di Maravita e per gli inquirenti “poneva in essere tutte le condotte necessarie per preservare l’operatività del gruppo criminale, come ad esempio il reperimento di telefoni cellulari e di schede telefoniche intestate a soggetti fittizi e l’organizzazione degli accompagnamenti in carcere per le visite a Buonocore e Della Ventura”.

LE PIAZZE DI SPACCIO – Le piazze di spaccio di Maravita erano materialmente gestite da Vergone, che si avvaleva dei pusher Ferruccio Coppola, Umberto Giglio e Paolo Cinotti (i primi due finiti agli arresti domiciliari, ndr). La droga, in particolar cocaina, hashish e marijuana, arrivava da diverse zone del napoletano con Giuseppe Orefice (agli arresti domiciliari, ndr) che si occupava dell’intermediazione, in particolar modo per l’hashish

PROCESSIONE DEVIATA SOTTO CASA DEL BOSS –  Un giro d’affari di svariate migliaia di euro settimanali che consentiva a Maravita di mantenere un tenore di vita molto elevato, caratterizzato da numerosi eccessi come viaggi all’estero in residenze di lusso, gite in barca e puntate ai casinò. La deviazione della processione religiosa della Santissima Vergine delle Grazie fin sotto la casa di famiglia, nel luglio 2017, è stata la dimostrazione dell’influenza e della forza del clan nella frazione Santa Barbara di Caserta.

Nel maggio 2017 ci sono anche stati dei momenti di tensione poiché Cinotti aveva intenzione di rendersi autonomo dal gruppo di Maravita. Quest’ultimo, la sera del 23 maggio, aveva organizzato un agguato e lo aveva aggredito insieme ad altri soggetti, tra i quali Agostino Vergone, che nell’occasione aveva anche esploso un colpo d’arma da fuoco fortunatamente senza conseguenze.