In questo quadro, a sconvolgere sono i toni usati dal governatore. Oggi come un anno fa, infatti, le parole di De Luca oscillano tra l’apocalittico e la megalomane. Anzi, nel corso dell’ultimo anno, il presidente della Campania non ha perso occasione di presentare la regione come «modello di efficienza amministrativa» davanti all’Italia messa in ginocchio dal virus. Lo ha fatto a proposito degli aiuti alle imprese, dei test ai quali ha sottoposto il personale scolastico a settembre, della gestione dei posti letto negli ospedali, delle misure anti-contagio più severe che ha imposto ai cittadini prima che a farlo fosse il Governo nazionale. E, in preda al delirio di onnipotenza, è arrivato a indicare la Campania come prima regione Covid-free in Europa a fine 2021 e Napoli come prima grande città completamente immunizzata entro luglio, salvo poi vedere le sue previsioni ridimensionate dalla mancanza di vaccini. Ancora, non più tardi di tre settimane fa, De Luca è arrivato a sottolineare come non si possa più parlare di modello lombardo, ma che «facciamo prima a parlare di modello campano».
Il continuo tentativo di sfoderare performance migliori delle altre regioni, però, non ha portato la Campania a grandi risultati. A un anno dalle prime misure anti-contagio varate da De Luca, infatti, la Campania assiste all’ennesima impennata dei contagi da Covid e affronta un lockdown che rischia di essere la mazzata finale su un tessuto socio-economico che, nello stesso momento in cui la pandemia si è abbattuta sull’Italia e sul resto del mondo, stava faticosamente riprendendosi dalla crisi del 2009. Senza dimenticare la compressione dei diritti e delle libertà fondamentali che i dpcm del Governo e le ordinanze del governatore hanno provocato e alle quali gran parte dell’opinione pubblica sembra essersi incomprensibilmente (e inaccettabilmente) assuefatta.
Ecco perché viene da chiedere a De Luca che senso abbia avuto la continua ricerca del primato tra le regioni italiane travolte dal Covid. Sarebbe stato meglio se il governatore avesse affrontato l’emergenza con uno spirito meno polemico e competitivo ma più risolutivo, cioè con l’obiettivo di individuare una strategia di convivenza col virus che non coincidesse solo ed esclusivamente con ordinanze restrittive e limitazioni dei diritti fondamentali. Perché, in fondo, è questo che si chiede agli amministratori pubblici: non fantomatiche “medaglie”, ma soluzioni concrete e ragionevoli ai problemi.
