Cantone contro il Riformista, criticato dai colleghi: “Non si mette il bavaglio alla stampa”

C’è chi parla della libertà di stampa come «valore da difendere sempre e comunque» e chi stigmatizza iniziative che restituiscono «l’immagine di una magistratura intoccabile». Certo è che l’ultima mossa di Perugia Raffaele Cantone ha suscitato più di qualche perplessità tra le toghe napoletane.
I fatti sono noti. L’ex presidente dell’Anac e attuale procuratore di Perugia ha chiesto al Csm di aprire una pratica a tutela dei magistrati della sua città. Una pratica a tutela dei pm dal nostro giornale che, nelle scorse settimane, ha denunciato alcuni aspetti della vicenda di Luca Palamara, al centro delle “trattative” tra le diverse correnti della magistratura per le nomine negli uffici giudiziari: il fatto che le chat estratte dal suo telefono a giugno 2019 siano state trasmesse al Csm con 11 mesi di ritardo e che il trojan inoculato nel suo cellulare sia stato disattivato in concomitanza della cena con l’ex procuratore romano Giuseppe Pignatone. Tanto è bastato perché Cantone, capo della Procura che indaga su Palamara, attivasse la procedura finalizzata a ottenere una manifestazione di solidarietà pubblica dall’organo di autogoverno della magistratura. L’iniziativa, però, non è condivisa da tutti i giudici.
Perplesso è Raffaele Marino, già procuratore di Torre Annunziata e oggi sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Napoli: «Le pratiche a tutela si sono diffuse all’epoca di Craxi prima e Berlusconi poi, quando si avvertì l’esigenza di tutelare i titolari di inchieste scottanti dagli attacchi della politica. Oggi, davanti ai presunti attacchi della stampa e in un momento in cui il prestigio della magistratura vive una fase di appannamento dovuta a pratiche non commendevoli, invocare l’apertura di una pratica a tutela rischia di essere inopportuno o addirittura controproducente perché afferma l’idea di una magistratura intoccabile». Insomma, l’idea che tutti i cittadini possano essere criticati eccezion fatta per i magistrati va respinta. Di qui il discorso si sposta sulla libertà di stampa che, a giudicare dall’iniziativa assunta da Cantone, qualcuno vorrebbe limitare. «È un valore che va riaffermato e difeso – prosegue Marino – D’altro canto, delle chat di Palamara si è saputo poco attraverso gli atti del procedimento disciplinare e della vicenda penale. Il resto non si conosce se non attraverso il servizio reso dalla stampa. E, in questa fase, è bene che tutti, cittadini comuni e magistrati, conoscano certe dinamiche che caratterizzano il potere giudiziario». Il parere di Marino è ancora più significativo se si pensa che il sostituto procuratore generale di Napoli è tra i circa 50 magistrati che hanno chiesto a Palamara di rendere noto il contenuto di messaggi sui quali vige ancora il massimo riserbo. Segno che, in alcuni settori della magistratura, l’esigenza di trasparenza è avvertita con particolare forza.
Sulla vicenda interviene anche Tullio Morello, magistrato in forza alla sezione penale del Tribunale di Napoli che per anni ha ricoperto il ruolo di giudice per le indagini preliminari: «Libertà di stampa ed esigenza di riservatezza delle indagini sono valori che non di rado confliggono, ma tra i quali bisogna trovare un equilibrio all’interno di quel percorso spesso tortuoso e complesso come le indagini». Ciò significa che il lavoro dei giornalisti non può e non deve ostacolare quello dei magistrati e viceversa. «La libertà di stampa è un valore importante – conclude Morello – Certo, non deve in alcun modo pregiudicare le indagini, ma ciò non esclude che un giornalista possa e debba svolgere il proprio lavoro in modo efficace ed esaustivo, magari cercando il classico scoop, o rivolgere critiche a pm e giudici».

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