Quella di oggi doveva essere la giornata della (parziale) ripresa delle attività dopo la pausa natalizia. Governo e Regioni, invece, l’hanno trasformata in un monumento alla confusione e all’incapacità amministrativa. Basti pensare a ciò che è avvenuto in materia di scuola e di trasporti. Nel primo caso l’accordo trovato il 23 dicembre scorso, che prevedeva la ripresa dell’attività didattica in presenza al 50% nelle scuole superiori, si è rivelato carta straccia: il rientro in aula è slittato a lunedì prossimo, mentre le Regioni hanno scelto di procedere in ordine sparso ancora una volta. Prima fra tutte la Campania, dove la didattica a distanza è prevista fino a sabato per asili e prime due classi delle elementari, fino al 17 gennaio per le altre classi delle elementari e fino al 24 per le scuole medie e superiori. Nel caso dei trasporti, l’Eav, la holding campana del trasporto pubblico, solo oggi ha ripristinato alcuni treni sulle tratte per Sorrento e per Benevento dopo aver limitato il servizio durante le feste. Cosa dimostra questo caos? Che tanto il Governo nazionale quanto le Regioni e i sindaci hanno scelto di subire il virus anziché adottare politiche che consentano ai cittadini di convivere col Covid o addirittura di trasformarlo in un’opportunità.
Eppure gli strumenti ci sono. A fornirli sono due norme di legge, entrambe risalenti al 2000: il Testo unico degli enti locali e la legge 53. Il primo si rivolge ai sindaci e fissa l’obbligo di coordinare gli orari di apertura e chiusura di scuole, uffici e attività commerciali in modo tale da «migliorare la qualità della vita e tutelare ambiente e salute». La seconda riguarda le Regioni e fornisce loro gli strumenti per incidere sui tempi delle città. In pratica, sindaci e governatori avrebbero potuto – anzi, dovuto – riorganizzare il funzionamento delle principali attività sui rispettivi territori di competenza. Da vent’anni a questa parte, però, nessuno ha pensato di farlo. La stragrande maggioranza dei pubblici amministratori ha perso tempo in chiacchiere e polemiche (i battibecchi tra il sindaco partenopeo Luigi de Magistris e il governatore campano Vincenzo De Luca ne costituiscono un mirabile esempio) senza trovare cinque minuti per rimodulare opportunamente il funzionamento di attività e servizi. Nemmeno il Covid ha dato ai pubblici amministratori la scossa necessaria: si sono rifugiati nella didattica a distanza, nello smart working e nei lockdown dimenticando la necessità di scaglionare gli ingressi nelle scuole e negli uffici, riorganizzare i tempi dei servizi, coinvolgere i vettori privati nel sistema del trasporto pubblico.
Tutto ciò dimostra come, a livello sia nazionale che locale, l’unica strategia per evitare il diffondersi del virus sia quella del “chiusurismo”: si negano servizi fondamentali come scuola e trasporti, si impedisce a intere categorie produttive di lavorare, si paga un prezzo altissimo in termini di tenuta psicologica e sociale oltre che di pil, ma non si provvede a riorganizzare la vita cittadina come pure impone la legge. Si può andare avanti così, in attesa di sottoporre l’intera popolazione al vaccino? Certo che no, anche perché la campagna anti-Covid procede piuttosto a rilento a causa non solo di difficoltà di approvvigionamento di farmaci, ma anche dei problemi strutturali del servizio sanitario che in tanti anni nessuno è stato in grado di risolvere. Serve un cambio di passo, ma soprattutto di prospettiva. Altrimenti il Covid si rivelerà una tragedia e, nello stesso tempo, una grande occasione sprecata.
Caos su ripresa attività dopo le feste tra scuola, uffici e trasporti
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