Uber Italy srl, la filiale italiana del gruppo americano di noleggio auto con conducente, è stata posta sotto amministrazione giudiziaria. Il commissariamento della società è stato deciso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano per caporalato, in correlazione allo sfruttamento dei rider addetti alle consegne di cibo per il servizio Uber Eats.
Su Uber italy srl è in corso un’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, coordinata dal procuratore Alessandra Dolci e dal pm Paolo Storari. La procura milanese aveva infatti iniziato un’indagine sulla possibile violazione da parte della filiale italiana di Uber delle normative di sicurezza sul lavoro per i suoi rider e su eventuali dinamiche di caporalato.
Nell’inchiesta, che aveva portato anche ad alcune perquisizioni, viene contestato il reato previsto dall’articolo 603bis del codice penale, ossia la “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” per la gestione dei rider di Uber Eats. In seguito a dei controlli effettuati su 30 rider, tre di questi erano risultati non in possesso di documenti in regola. “La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall’ora“, è una dichiarazione di un rider che ha lavorato per il servizio Uber Eats che emerge dal decreto con cui è stata commissariata Uber Italy.
Altri guai per la compagnia erano emersi anche durante il periodo di lockdown, con la segnalazione alla procura meneghina dai carabinieri di Milano dopo i controlli sulla dotazione di mascherine e altri Dpi ai rider: l’indirizzo di posta elettronica certificata depositato in Agenzia delle entrate e in Camera di commercio secondo l’accusa era inibito alla ricezione delle mail.
