Casa riformista di Renzi sembra più un condominio: di tattica e di genialità spesso si muore. Calenda coerente ma occhio al nanismo estremo

MATTEO RENZI POLITICO, CARLO CALENDA POLITICO

Sono giunto alle soglie di quell’età in cui il passato conta molto più del futuro, ma qualche vantaggio c’è. Il più rilevante è occuparsi del futuro, anche quello prossimo, con il dovuto distacco senza l’animus pugnandi che caratterizza la giovane età. Con questa premessa analizzo una questione che mi sta particolarmente a cuore: il futuro prossimo dei liberali e di quell’area, genericamente chiamata di centro, nel nostro Paese.

Vi svelo finalmente “un segreto”: centinaia di amici e conoscenti mi hanno chiesto in questi ultimi due anni, forse per la mia vicinanza all’operazione “terzo polo”, perché sia fallita l’alleanza tra Renzi e Calenda. Molti ritengono che quel fallimento sia dovuto al combinato disposto dei cattivi caratteri dei due protagonisti. C’è del vero in questa valutazione, ma non coglie le ragioni profonde di quel fallimento. Questo è stato dovuto essenzialmente alla maledizione che colpisce puntualmente la nostra area: la “federazionite”. Scusate l’orribile neologismo, ma cercherò di spiegarlo. I liberali, come da Benedetto Croce in poi molti politologi hanno rilevato, tendono a dividersi per scissioni successive sino ad arrivare ad una vera e propria atomizzazione. Però, quello che i più non hanno colto, è che – non contenti di ciò – pensano già nella fase delle scissioni al passaggio successivo: la federazione! Per loro la federazione è unire, mettere assieme, tante debolezze nella inconsapevolezza che così facendo creano solo una debolezza più grande.

La federazionite dei partiti personali

E allora, si dirà, perché lo fanno? Semplicemente perché hanno in testa di trattare posti nella nuova struttura associata da una posizione di forza, quella che a loro avviso, poveri illusi, deriverebbe dall’essersi ognuno costruito l’ennesimo partitino personale. Il fallimento del cosiddetto “terzo polo” è stato dovuto essenzialmente a questa tara presente dalla sua nascita: l’accomodarsi a immaginare una federazione, invece di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, dando vita a un partito che potesse andare oltre l’appuntamento elettorale. Siccome, a causa – forse – della giovane età non si impara dagli errori commessi, i protagonisti dell’epoca e i nuovi soggetti apparsi all’orizzonte nelle more si apprestano a ripetere l’errore.

Casa riformista o condominio?

Parto dall’analizzare la cosiddetta “Casa riformista”. Matteo Renzi sta cercando di mettere in piedi questa strana creatura, per riequilibrare al centro la variegata sinistra italiana. Intento encomiabile dell’ottimo Matteo. Ma lui, cittadino del mondo, indichi in quale Paese esiste un ircocervo del genere. Perché mai dovrei aderire ad una casa, che appare un condominio, dove abitano socialisti, popolari, repubblicani, liberali e chi più ne ha più ne metta? La “casa riformista” a quale partito o gruppo politico europeo aderisce? So bene che si tratta di una mossa tattica del geniale Matteo, ma sono anche consapevole che di tattica spesso si muore … e qualche volta anche di genialità. Buona fortuna, ma non mi interessa. D’altronde Renzi, che conosce bene la storia di questo Paese, sa che anche in Italia non ha mai avuto fortuna alcuna federazione. Andando indietro con la memoria mi sovviene solo la Margherita, il cui rapido tramonto conferma la regola che ho testé enunciato.

Calenda, occhio al nanismo estremo

Se poi passiamo al centro degli attuali schieramenti, ho avuto modo di apprezzare le posizioni coerenti che soprattutto nell’ultimo anno ha avuto Carlo Calenda, seppur ovviamente e reciprocamente non sempre condividiamo le nostre rispettive posizioni politiche-culturali. Tali posizioni del suo partito appaiono avvertite – e in qualche modo premiate – dai sondaggi elettorali che si succedono e che pongono Azione sempre puntualmente al di sopra della soglia di sbarramento del 3%, oggi in essere per le elezioni politiche. In quell’area esiste però diffusa forma di nanismo estremo dei movimenti unipersonali o al massimo unifamiliari che si autodefiniscono partito. Questi movimenti afflitti da nanismo, si presentano a quello più grande dicendo sempre la stessa cosa: “se aggiungi anche me, sarai più sicuro di raggiungere il risultato elettorale sperato”. E per aggiungermi devi darmi xxx. È quanto è successo (ricordate gli orridi simbolini elettorali all’interno di un cerchio più grande alle ultime europee), sta succedendo e succederà nella galassia centrista. Come è ovvio, ogni nuova adesione, nella migliore delle ipotesi, non aggiunge nulla, ma conforta i contraenti l’accordo. Li capisco, ma anche in questo caso non aderisco.

Siccome sono incontentabile, ho un sogno da realizzare prima della fine dei miei giorni e di quelli della mia generazione: avere nuovamente un partito (non una federazione!) autenticamente liberale, dove all’interno coesistano sensibilità diverse, ma dove “l’affectio societatis” prevalga sulla federazionite e sullo scissionismo. Credete che nei partiti liberali e centristi della prima repubblica tra Zanone, Altissimo e Martino non esistessero differenze anche sostanziali e che Spadolini e La Malfa la pensassero allo stesso modo? Nessuno di loro ha pensato di lasciare il proprio partito e, a riprova del fallimento delle federazioni e delle alleanze solo elettorali, quando quella più nobile e con gli intenti più alti l’hanno fatta PLI, PRI e PR alle elezioni europee del 1989, guarda caso fu una sonora sconfitta.

Allora, Calenda continui per la sua strada, porte aperte a tutti, ma guai lo coglieranno se organizzerà tavoli, trattative e alleanze per dar vita a strane creature. Autorizzo Carlo a fare tutti gli scongiuri del caso, d’altronde anche l’immenso Don Benedetto rispondendo a Oswald Spengler disse: «Se a queste previsioni dovessi rispondere da napoletano, quale sono, mi limiterei ad eseguire i consueti scongiuri». Il suo partito si apra, accolga, coinvolga senza trattare posti. È un augurio più che una previsione.