“Chi ha ucciso la politica”, a Trieste confronto serrato (e partecipato) su antipolitica, finanziamenti, credibilità e cultura dell’odio

Trieste, 21 novembre 2025 – Grande partecipazione ieri all’Antico Caffè San Marco per la presentazione del volume “Chi ha ucciso la politica. Quando e perché abbiamo iniziato a odiare la democrazia?” di Emanuele Cristelli, con prefazione di Luigi Marattin.
L’incontro – moderato dal giornalista de Il Piccolo Gianpaolo Sarti – ha registrato oltre 70 partecipanti, tra amministratori, professionisti e cittadini. Sono intervenuti al dialogo con l’autore Gianfranco Carbone, già vicepresidente della Regione FVG, e Paolo Rovis, già assessore allo Sviluppo economico del Comune di Trieste.

Tra i presenti numerosi esponenti politici e istituzionali, sei servizi e dell’impresa, tra cui Ivo Gherbassi (Lega), Enrico Sossi (M5S), Maria Serena Orel (PSI), Francesco Russo (PD), Walter Godina (Partito Liberaldemocratico), Maurizio Marzi (Presidente Trieste Trasporti) e Vincenzo Settimo (Founder Edilimpianti).

Perché la politica è percepita come “morta”?

Cristelli ha aperto il dibattito chiarendo la tesi del libro:
«La politica non è morta – ha detto – ma si muove in un ambiente tossico che ha smesso di parlare ai cittadini. Il libro nasce dalle ceneri del Terzo Polo, ma soprattutto dall’idea che abbiamo costruito un’immagine distorta della politica, mentre la Costituzione la definisce infrastruttura della democrazia: e per fare infrastrutture servono risorse».

L’autore ha sottolineato la necessità di «un forte finanziamento misto ai partiti: pubblico e privato» e denunciato i “fraintendimenti cognitivi” alimentati da anni di narrazioni antipolitiche: «Il giornalismo – ha aggiunto – non ha sempre aiutato a dare la giusta chiave di lettura al dibattito pubblico».

Finanziamento e crisi del consenso

Gianfranco Carbone ha ricordato che il tema delle risorse è centrale:
«Non è vero che la politica ha meno soldi: è cambiato come vengono raccolti e percepiti. Un tempo servivano a mantenere sedi e strutture, oggi il finanziamento è vissuto come qualcosa da nascondere. Ma senza risorse non ci sono né idee né strumenti per parlare ai cittadini».

Carbone ha poi evidenziato la crisi del sistema occidentale di costruzione del consenso:
«Il leader parla direttamente al pubblico senza intermediari: così nasce l’antipolitica. Ne deriva una democratura strisciante, mentre il potere reale è sempre più condizionato dai grandi gruppi finanziari».

Lobby, percezioni distorte e credibilità

Per Paolo Rovis, molte distorsioni italiane derivano da un approccio ipocrita:
«Parliamo di lobby come fosse un tabù, ma significa solo “gruppo di interesse”: in molti Paesi è regolamentato, in Italia no. Lo stesso vale per il finanziamento pubblico ai partiti. Sono percezioni sbagliate che hanno contribuito a uccidere la politica».

Cristelli ha insistito sul tema della credibilità:
«Un politico può cambiare idea, ma deve spiegare il perché. Senza credibilità, il consenso non regge».

Media, social e cultura dell’odio

Il moderatore Sarti ha richiamato il crescente scollamento tra cittadini e classe politica.

Cristelli ha ricordato come la commistione tra giornalismo e giustizia abbia inciso profondamente:
«Dal 1994, con la pubblicazione di atti riservati di un processo sul principale quotidiano nazionale, si è aperta una lunga fase di conflitto tra politica e magistratura. Carriere di persone per bene sono state rovinate: la notizia dell’indagine sempre in prima pagina, l’assoluzione a pagina 37».

Sul tema delle fake news l’autore ha aggiunto:
« L’analfabetismo funzionale è parte del problema, ma le fake news esistono da sempre. Oggi però i social amplificano tutto: creano rabbia, frustrazione e alimentano una cultura dell’odio, che diventa poi odio verso la democrazia».

Carbone ha parlato di «impoverimento del linguaggio» e dell’impatto dei social nel condizionare anche le elezioni, mentre Rovis ha invitato a non attribuire ai social colpe che appartengono anche alla politica stessa.

Riforme, responsabilità dei cittadini e crisi della rappresentanza

Rovis ha portato esempi di riforme sostenute dall’opinione pubblica ma dannose per la rappresentanza:
«Dalle Province al taglio dei parlamentari, molte scelte hanno indebolito la democrazia, spesso con l’applauso degli elettori. La legge elettorale attuale, che non permette di scegliere i propri rappresentanti, completa il quadro».

Il primato della politica e il ruolo dell’Europa

Cristelli ha concluso ricordando che «il primato della politica va ricostruito anche mostrando che molti problemi richiedono livelli più alti di risposta, a partire da un’Europa più forte».
«La politica – ha aggiunto – deve tornare tra le persone, spiegare la complessità, assumersi la responsabilità di dire anche cose impopolari. Il potere ha bisogno di recuperare legittimazione e , solo questa è l’unica strada: credibilità e onestà intellettuale, contro l’attrattività delle fiammate di consenso generate da una politica populista ».