Chi sono i tre carabinieri mandati a morire per lo sgombero di un casolare: le minacce dei tre fratelli, le conferme dei vicini e il blitz finito in strage

Da sinistra Marco Piffari, i, Valerio Daprà e Davide Bernardello

Si chiamavano Marco Piffari, Luogotenente Carica Speciale, Davide Berardello, carabiniere scelto, e Valerio Daprà, brigadiere capo qualifica Speciale, i tre militari morti poco dopo le tre di notte di martedì 14 ottobre nelle campagne di Castel D’Azzano, in provincia di Verona, nel corso dello sgombero di un casolare di due piani abitato da tre fratelli. Sono morti mentre lavoravano, mentre eseguivano un ordine di sgombero già rinviato in passato in seguito alle minacce degli occupanti. Altre 15 persone, tra carabinieri e agenti di polizia della Uopi (Unità operative di pronto intervento), sono rimasti feriti dall’esplosione provocata da chi quell’abitazione non voleva lasciarla e appena un anno fa aveva minacciato di farla esplodere, rifugiandosi anche sul tetto con taniche di benzina.

Questa volta la tragedia c’è stata davvero: la casa era satura di gas con l’esplosione innescata all’apertura della porta d’ingresso. L’intero casolare è venuto giù travolgendo le forze dell’ordine. I tre militari sono morti sul colpo. I feriti sono stati soccorsi dal 118 e dai vigili del fuoco e traspostati in quattro ospedali vicini. Nessuno sarebbe in pericolo di vita. Tra loro anche due dei tre fratelli che hanno riportato ustioni. Il terzo invece è stato rintracciato e fermato dopo una breve fuga. Si tratta di Franco, Dino a Maria Luisa Ramponi, agricoltori con problemi economici ed ipotecari. All’interno del casolare erano presenti bombole di gas e molotov con i vigili del fuoco che hanno recuperato cinque bombole collocate in più stanze della casa.

Sia ad ottobre 2024 che un mese dopo si erano opposti all’arrivo dell’ufficiale giudiziario saturando di gas l’abitazione, chiudendo porte e finestre e rifugiandosi sul tetto armati di taniche di benzina pronte all’uso. Quella volta a convincere Franco e Maria Luisa Ramponi, entrambi sulla sessantina, sono stati gli stessi carabinieri e i vigili del fuoco. Lo sgombero venne rinviato, i due fratelli messi in salvo e la casa lasciata arieggiare.

I problemi economici e la firma per falsificare mutuo

L’esplosione del casolare

Oggi la tragedia, annunciata, si è consumata in modo drammatico. Alla base del folle gesto ci sarebbero motivi di natura economica: “Eravamo disposti a farci saltare aprendo il gas; la casa ne era piena. D’altronde è quello che vogliono” ha raccontato un anno fa Maria Luisia Ramponi al Corriere della Sera, spiegando poi che tutto è iniziato nel 2014 quando un terzo fratello, probabilmente Dino, a causa di una serie di debiti accumulati avrebbe stipulato un mutuo falsificando la firma di uno dei suoi familiari. Cinque anni dopo, nel 2019, avrebbe ammesso tutto autodenunciandosi nel 2021 alle forze dell’ordine. Intanto, stando al racconto della donna, era già scattato il pignoramento di edifici e terreni e, dopo la nomina del custode giudiziario, si sono verificate una serie di aste con terreni e immobili deprezzati.

Le parole di Zaia e Crosetto

“Siamo davanti a una autentica tragedia”, e si sta concretizzando “con bollettino di guerra”, con tre carabinieri “che perdono la vita in questa maniera, per una esplosione causata da tre fratelli, due dei quali rimangono feriti mentre il terzo è (era, ndr) in fuga”, ha dichiarato a Rtl 102.5, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Lo stesso governatore ha ammesso che “il sistema sanitario regionale aveva previsto, fin dalle prime ore della notte, un presidio preventivo per un’operazione ritenuta ad alto rischio e pianificata nei dettagli dalla Questura di Verona, in collaborazione con i Carabinieri. L’intervento era mirato allo sgombero di un’abitazione – spiega Zaia – occupata da tre fratelli, soggetti sembra già noti alle autorità. Secondo quanto emerso dai primi riscontri, all’interno dello stabile erano state accumulate bombole di gas e ordigni rudimentali, verosimilmente anche molotov artigianali – riepiloga Zaia – la complessità dell’operazione ha richiesto, già dalle ore 2, l’attivazione di un presidio sanitario da parte del Suem 118 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, con la presenza in loco di un’automedica, un’ambulanza medicalizzata e una ‘base’, posizionate a distanza di sicurezza, ma operative a tutela del dispositivo”.

“Con immenso dolore ho appreso stamattina della tragica scomparsa di tre carabinieri, caduti in servizio questa mattina a Castel d’Azzano, travolti da un’esplosione durante un’operazione di sgombero. Desidero rendere onore alla memoria del Luogotenente Carica Speciale Marco Piffari, del carabiniere scelto Davide Bernardello e del brigadiere capo qualifica Speciale Valerio Daprà, che hanno sacrificato la propria vita compiendo fino all’ultimo il loro dovere al servizio del Paese. In questo momento di profonda tristezza, a nome mio personale, come ministro della Difesa, come padre e come cittadino, e a nome di ogni donna e uomo della Difesa, esprimo il più sincero e commosso cordoglio alle famiglie delle vittime, ai loro cari e a tutta l’Arma dei carabinieri”, ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto. I carabinieri morti erano in servizio due a Padova e uno a Mestre.

“Si sapeva che potevano esserci feriti”

Fanno riflettere le parole del vicesindaco di Castel D’Azzano Antonello Panuccio secondo cui “l’operazione era pianificata perché le forze speciali arrivavano da fuori provincia e quindi era già programmato anche con le ambulanze, perché si sapeva che potevano esserci dei feriti, ma mai si immaginava che avessero progettato un’esplosione del genere che è stata sentita nel raggio di 5 chilometri”. La tragedia era dunque evitabile conoscendo da tempo le intenzioni degli occupanti del casolare? Si poteva agire in altro modo, provando a dialogare e, magari, a capire anche il dramma che queste persone stavano vivendo? Le indagini sono coordinate dalla procura di Verona con il procuratore Raffaele Tito che ha parlato di “un decreto di perquisizione” da eseguire. “Si cercavano anche delle bottiglie di molotov con carabinieri e polizia che hanno cercato di agire in massima sicurezza con tutte le attrezzature necessarie ma l’esito è stato inaspettato e molto doloroso”. L’arresto “è per omicidio premeditato, per noi e per i carabinieri su questo non c’è alcun dubbio. Stiamo valutando anche il reato di strage” ha aggiunto il procuratore di Verona.

Il racconto dei vicini: “Avevano perso tutto e preannunciato più volte il peggio”

Intervistato dall’agenzia Agi, un vicino di casa dei fratelli Ramponi ha confermato le loro difficoltà economiche e soprattutto l’intenzione di far esplodere tutto: “Sapevamo che la situazione era disastrosa. Si erano cosparsi di benzina l’ultima volta. Avevano perso tutto ormai… vivevano senza corrente, senza gas, vivevano come dentro a una grotta. Sapevamo tutti che era una situazione difficile, e già in 4-5 occasioni avevano preannunciato il peggio. Ora che gli avevano pignorato tutto dicevano ‘piuttosto che lasciare casa ci facciamo saltare in aria”.