Se le toghe si buttano in politica, l'ex premier si erge a giudice
Conte, il censore. I 5 Stelle cavalcano le indagini per ricattare il Pd alle regionali. Ciao ciao Schlein?
Il caso dei 74 avvisi di garanzia recapitati a pioggia sul dipartimento Rigenerazione urbana del Comune di Milano a guida Beppe Sala non è un fatto a sé. Il caso Milano diventa caso Pesaro quando riguarda Matteo Ricci e caso Michele Emiliano quando arriva in Puglia. Fascicoli ben distinti ma inanellati in una identica campagna estiva. Un festival delle Procure decise a dire la loro non più e non solo sulla politica, ma alla politica e nella politica. L’avviso di garanzia a Matteo Ricci, oggi eurodeputato del Pd, relativo al suo mandato da sindaco di Pesaro, è l’ennesima dimostrazione – drammatica – che una parte della magistratura italiana opera con logiche politico-elettorali. Toghe rosse, gialle, brune, poco importa: il principio democratico viene minato da indagini la cui puntualità elettorale salta subito agli occhi. Perché c’è un filo che lega le inchieste, un disegno che non può essere solo frutto di coincidenze: le indagini colpiscono Regioni – come Marche e Puglia – che andranno al voto entro pochi mesi. E colpiscono leader locali le cui candidature nel campo largo rischiano di saltare proprio per effetto di queste indagini.
La manovra tattica: i tavoli regionali stimolano gli appetiti
A stretto giro di inchiesta, infatti, sul caso Ricci arriva puntuale la voce di Giuseppe Conte, che da ex presidente del Consiglio si erge ora a giudice: «Valuteremo le contestazioni». Un messaggio che sa di resa dei conti, anzi di manovra tattica, per rimettere in discussione gli equilibri del centrosinistra. Conte, che ha dovuto ingoiare la ricandidatura di Eugenio Giani in Toscana, potrebbe ora trovare nell’avviso a Ricci un argomento per rinegoziare i patti. Più peso in Toscana, e magari un candidato diverso – più vicino al M5S – nelle Marche. I tavoli regionali, in fondo, stimolano gli appetiti. L’avviso a Ricci irrompe così nella campagna elettorale e tocca corde sensibili nel Movimento 5 Stelle. Dopo il video social del candidato Pd, è lo stesso Conte a intervenire: «Prendiamo atto dell’avviso di garanzia ricevuto da Matteo Ricci e delle sue dichiarazioni appena rilasciate. Come Movimento 5 Stelle rispettiamo il lavoro autonomo e indipendente della magistratura e non sottovalutiamo le ipotesi accusatorie contenute nell’avviso di garanzia, ma ci riserviamo di valutare approfonditamente le contestazioni mosse a Ricci».
Se le indagini preliminari durano in media molti mesi e i processi diversi anni, niente paura: Giuseppe Conte valuterà approfonditamente le accuse rivolte a Ricci, dice, quasi preannunciando un giudizio di merito. Lo sottolinea con un distinguo pesante: «Un conto è che si tratti di una semplice contestazione per spese del Comune non corrette. Altro sarebbe se vi fossero elementi di una condotta disonesta, che ha portato a indebiti vantaggi personali. Condotta questa – rimarca Conte – che sarebbe incompatibile con i nostri princìpi e i nostri valori». Intanto, la macchina elettorale dei 5 Stelle si ferma: annullato l’incontro previsto a Fano tra la capogruppo pentastellata in Regione, Marta Ruggeri, e il deputato Giorgio Fede. Campo Marzio lo definisce un gesto “normale” dopo le parole di Conte, Ruggeri e Fede. Ma il sostegno non è ritirato: è solo «in attesa di chiarimenti».
La libertà di farsi giudice, e censore
Nel frattempo, in Puglia, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha aperto un’istruttoria su Michele Emiliano. Il presidente della Regione si è autonominato nel Consiglio d’indirizzo della Fondazione Petruzzelli di Bari, organismo con poteri estesi sul governo dell’istituzione: dalle nomine alle revoche, dall’approvazione dei bilanci alle modifiche statutarie. Una nomina resa possibile da un articolo dello Statuto, secondo cui «un componente del Consiglio è nominato dal presidente della Regione Puglia». Emiliano ha firmato il decreto con cui si è nominato il 26 giugno scorso. Un caso-limite, sul quale l’Anac vuole ora vederci chiaro.
Tutto questo accade mentre si definiscono le candidature per le regionali, e mentre la magistratura pare inserirsi a gamba tesa nei delicati equilibri dei partiti. Dando vita a un cortocircuito dai tratti inquietanti. «Ricci non ha tratto una utilità economica ma una utilità in termini di consenso elettorale», dicono i giudici di Pesaro. E cosa dovrebbe fare, un sindaco, un amministratore eletto, se non curare il proprio consenso elettorale? La democrazia vive di questa regola. Contrapporvisi si chiama eversione. Se le toghe fanno politica, Giuseppe Conte si prende la libertà di farsi giudice. E censore.
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