Contro Israele usano l’arma del genocidio. Ma Netanyahu sale nei sondaggi

FILE - In this Sept. 27, 2012 file photo, Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu shows an illustration as he describes his concerns over Iran's nuclear ambitions during his address to the 67th session of the United Nations General Assembly at U.N. headquarters. (AP Photo/Richard Drew, File) Associated Press / LaPresse Only italy and spain

“Pazzo criminale” (così Giuseppe Conte), “orribile”, “guerrafondaio”, “corrotto”, “messianico”, “genocida”, e chi più ne ha più ne metta. Nella grande retorica demonizzante che investe Israele, il punto focale e l’oggetto degli insulti peggiori è lui, Benjamin Netanyahu. Non sono l’Iran e Hamas che hanno scatenato la guerra per distruggere Israele e la prolungano rifiutandosi di liberare i rapiti o cercando la bomba atomica, ma è lui che la continua per tenere insieme il suo governo o peggio per sottrarsi alla giustizia interna e internazionale.

È lui il responsabile del “genocidio” di Gaza, della carestia e dello sterminio dei bambini (tutte cose false, come dimostrano i numeri, ma non importa). È lui Erode, è lui l’ebreo medievale che secondo la “calunnia del sangue” profanava l’ostia e uccideva i bambini cristiani per spregio a Gesù, è lui che come dicono i “Protocolli” si propone il dominio del mondo o almeno di tutto il Medio Oriente. Anche molti che si proclamano amici di Israele sostengono che non bisogna isolare lo Stato ebraico perché così si aiuterebbe Netanyahu e invece bisogna aiutare in tutti i modi i suoi avversari interni: solo loro possono rovesciarlo e porre fine alle sue malefatte.

La difesa dei nemici

Non è la prima volta. La riduzione del popolo ebraico e della sua autodifesa a un leader malvagio e responsabile di crimini orribili è un luogo comune permanente della propaganda contro Israele. Ben Gurion sarebbe stato responsabile della “pulizia etnica” degli arabi durante la guerra di indipendenza del 1948-49 (in realtà ci fu soprattutto una fuga richiesta dai comandi militari arabi); Moshé Dayan dello stesso crimine a Gerusalemme durante la guerra dei Sei Giorni del 1967 (semplicemente falso); a Golda Meir fu imputata la strage di Monaco del 1972 per non aver ceduto alle richieste dei terroristi; soprattutto contro Israele fu usata in maniera totalmente falsa e velenosa la strage di Sabra e Chatila del 1982, compiuta dai miliziani cristiani maroniti per vendetta dell’uccisione da parte palestinese del loro leader Bashir Gemayel. Israele si limitò a non sparare sui propri alleati per difendere i propri nemici. La responsabilità politica, anzi la demonizzazione morale fu buttata addosso al primo ministro Begin e al ministro della Difesa Sharon, che non erano sul campo.

Si parlò anche allora di genocidio e si pretese che gli ebrei del mondo e pure in Italia di condannare Israele (cosa che pure in quel momento alcuni intellettuali ebrei di sinistra fecero); perfino a Rabin fu imputata la repressione “violentissima” dell’Intifada. Sono solo i casi principali. Anche per chi in certi ambienti non condanna l’esistenza stessa di Israele, tutti i governi dello Stato ebraico sono deplorevoli e chi lo presiede è automaticamente un criminale, almeno fin che non accetta di cedere armi, finanziamenti e terreno ai nemici di Israele o non muore. Torniamo a Netanyahu. Oggi i sondaggi dicono che le sue scelte hanno l’appoggio della grande maggioranza del popolo israeliano e lo stesso vale per le forze parlamentari. Netanyahu è un abilissimo politico, probabilmente il migliore fra i governanti attuali del mondo intero, certo il più longevo.

Il percorso di Netanyahu

Ha vinto sei elezioni politiche generali (vere, multipartitiche, combattutissime), è stato per la prima volta premier di Israele nel 1996, quando il presidente Usa era Clinton e quello italiano Scalfaro, è stato il protagonista della liberalizzazione economica che ha prodotto il miracolo della start-up nation, è stato l’ultimo a concludere un accordo con l’Autorità Palestinese (il Memorandum di Wye River. 1996). Durante i suoi ultimi mandati, dal 2009 a oggi con un intervallo di un anno nel 2021-22) ha dovuto fare i conti con presidenze americane prevalentemente ostili (Obama, Biden) o difficili (Trump) mostrando una straordinaria flessibilità tattica, ma mantenendo sempre il suo obiettivo della sicurezza di Israele e della difesa dall’Iran, che ha spesso denunciato, anche quando l’Occidente cercava un accordo con gli ayatollah. Ha sempre rispettato le norme costituzionali e le decisioni giudiziarie, pur cercando di diminuire per legge il potere dei corpi separati dello stato e della magistratura. Dopo aver tentato per anni di pacificare Gaza con sussidi economici, di fronte all’assalto terroristico del 7 ottobre ha guidato Israele indicando contro tutte le esitazioni l’obiettivo dell’eliminazione di Hamas e della sconfitta dell’Iran. È il più lucido, abile e coraggioso primo ministro di Israele dopo Ben Gurion. Fortunato Israele ad averlo oggi al timone.