Il tema migranti è in cima alle agende dei governi europei ed anche al centro del dibattito ad ogni livello. In verità mancano soluzioni convincenti e risolutive ad un problema che, come ha recentemente ricordato il Presidente Mattarella, non è contingente ma epocale. E come tale, richiede risposte all’altezza della situazione. Più che aggiungere nuove ricette, può essere interessante conoscere esperienze concrete di accoglienza e inclusione per documentare che è possibile cominciare a costruire qualcosa di positivo mettendo veramente al centro la persona umana.
Un esempio in questo senso è la cooperativa Ballafon che opera a Varese dal 2006. Il fondatore, Seydou Konate, nativo della Costa d’Avorio, è arrivato in Italia nel 1991 poco più che ventenne con alle spalle un carico personale e familiare irto di difficoltà. Dopo alcuni anni a Napoli, in condizioni di vita precarie ma accolto con affetto da una numerosa famiglia del posto, Seydou si trovò a quel bivio in cui arriva ogni persona che voglia vivere intensamente la propria esistenza. Ecco la scelta di mettersi al servizio di chi aveva bisogno per vivere, a cominciare da quei migranti che ben conosceva avendone provato in prima persona il difficile e talvolta doloroso percorso. Dapprima come mediatore culturale con un’associazione legata al mondo sindacale, e poi con il trasferimento a Varese la fondazione della cooperativa Ballafon, dal nome di uno strumento musicale che dà gioia, tipico del suo paese d’origine. La prima prova a fianco delle istituzioni a partire dall’emergenza sbarchi del 2014, con l’avvio del progetto di accoglienza diffusa. A misura d’uomo, non in casermoni fatiscenti ma in appartamenti, in cui ciascuno potesse trovare altre persone con cui condividere una socialità. Da allora – grazie anche all’opera instancabile del Direttore della cooperativa, Luca Dal Ben – sono state accolte circa 3.500 persone provenienti da oltre 30 Paesi compresi Afghanistan e Ucraina. Ballafon a Varese è un prezioso punto di riferimento, anello di congiunzione tra le istituzioni e il variegato mondo dei migranti, dove si coniugano rispetto delle regole e dignità della persona, operando per la regolarizzazione delle persone sempre con l’occhio attento ad una vera inclusione sociale. In questo momento quasi 600 perone sono ospitate in una sessantina di case, dove gli ospiti sono responsabilizzati anche nella gestione domestica. Grande spazio viene dato all’alfabetizzazione e alla formazione di base e professionale, alla cultura del lavoro regolare, al rispetto di sé stessi e degli altri. Bisogna mettere in movimento un’integrazione vera e non di facciata. Non l’incasellamento di numeri ma una prospettiva di vita per le persone accolte.
In questo quadro il tema del lavoro è fondamentale e viene data molta importanza all’acquisizione di competenze professionali. Da qui i corsi per mulettista, saldatore, falegname, art deco, produzione di confetture, sartoria, pulizia, oltre ai corsi di italiano per acquisire o migliorare la conoscenza della lingua italiana anche in collaborazione con i CPIA statali. Rilevanti anche le esperienze di tirocinio extracurricolare nelle aziende, che consentono a molti di trovare lavoro e vivere in autonomia con una casa propria. A Ballafon, insomma, si prova ad affrontare anche quella parte di vita dopo l’arrivo in Italia. Una fase che, senza buone prassi, può diventare altrettanto tragica come il viaggio per arrivare qui così ben descritto dall’ultimo film di Garrone “Io capitano”. Ballafon è un tentativo riuscito perché l’inclusione nella società italiana diventa un’opportunità di vita, che richiede la responsabilità personale di chi accoglie e di chi è accolto.
La cooperativa ha recentemente collaborato con Nicola Crozzoletti, ricercatore dell’Università Pontificia “San Tommaso”, il quale nella sua tesi di dottorato sta documentando come nella accoglienza e gestione del fenomeno migratorio sia fondamentale conoscere le competenze specifiche che il migrante possiede al di là dei titoli acquisiti in patria, le sue modalità di apprendimento, le sue risorse e le difficoltà nel connettersi al nostro sistema formativo e culturale. La ricerca è stata condotta tramite colloqui e test appositi con gli ospiti di Ballafon, per aiutare i migranti ad approcciarsi in modo adeguato ad una professione con concretezza e senza formalismi. Come ricorda il direttore Dal Ben, bisogna arrivare ad un Piano nazionale per gestire un’integrazione efficace affinché i migranti ben inseriti diventino una risorsa per il nostro Paese. L’esperienza di Ballafon dimostra che già oggi è possibile ottenere risultati positivi, ma certamente con strumenti più efficaci, la corretta gestione del fenomeno migratorio sarebbe un investimento e non solo un costo. Una posizione lontana da ogni ideologismo e tifoseria, ma vigorosamente al lavoro per tutelare con i fatti il rispetto delle regole e la dignità delle persone che arrivano nel nostro Paese.
