L’attenzione dei media è arrivata solo in questi giorni, col decesso di un 70enne ricoverato all’ospedale dell’Angelo di Mestre, avvenuto per un mix di patologie tra cui anche la Candida Auris. È quest’ultima, un fungo ultra-resistente, capace di ‘sconfiggere’ il 90 per cento degli antifungini e altamente contagioso, a preoccupare gli esperti.
La prima vittima del fungo era stata ricoverato ad inizio luglio dopo essere tornato in Veneto dal Kenya, dove era volato per lavoro. Nel Paese del corno d’Africa avrebbe contratto il fungo: durante il soggiorno la vittima aveva anche sofferto di calcoli renali, recandosi per questo in una clinica privata. Tornato in Italia le sue condizioni sono peggiorate, finendo per essere ricoverato all’ospedale dell’Angelo di Mestre. Lì dai controlli è emersa l’infezione, probabilmente contratta all’interno della struttura sanitaria keniota, dove è facile ci fossero altri casi in essere.
Cos’è la Candida Auris
La Candida Auris è lievito imparentato con la variante albicans che causa la comune candidosi sessualmente trasmissibile, in grado di sviluppare un’infezione molto resistente agli antifungini.
Fungo isolato per la prima volta nel 2009 in Giappone, i casi di infezione sono stati registrati in più continenti: un focolaio era emerso nel 2015 in Francia, mentre al 2021 i casi negli Stati Uniti erano stati quasi 4mila. In Italia nel 2019 era stato identificato il primo caso di infezione invasiva, seguito da un focolaio che ha interessato le regioni del nord.
Già nel giugno 2020 il Ministero della Salute italiano aveva allertato i laboratori di microbiologia con una circolare per “implementare le capacità diagnostiche e le opportune misure di prevenzione e controllo della Candida auris, per evitare la diffusione di questo patogeno altamente infettivo, persistente e letale”.
Sintomi e trasmissione
I sintomi variano a seconda del distretto corporeo interessato e, spesso, possono essere imputati ad altre patologie compresenti. Quanto alle modalità di trasmissione, è noto per essere un fungo con potenzialità di epidemia ospedaliera: si può essere infettati tramite il contatto con superfici e dispositivi medici contaminati. Si trasmette da uomo a uomo per vicinanza e contatto, anche perché si annida in particolar negli ambienti umidi come bagni, letti e superfici.
Come spiega la Fondazione Umberto Veronesi, l’infezione si manifesta con febbre, stanchezza e dolori muscolari. Proprio la vaghezza dei sintomi rende difficile stimare quante persone abbiano realmente contratto il fungo.
La resistenza ai farmaci e la mortalità
Il fatto più preoccupante però è l’estrema resistenza ai farmaci antifungini. Se colpisce immunodepressi o persone ricoverate in ospedale, la mortalità può passare dal 30 al 50% e arrivare fino al 70 per cento, come nel caso del paziente morto in Veneto.
Il 90% dei casi isolati resiste almeno ad una delle tre classi di antifungini disponibili, ovvero azoli, polieni ed echinocandine.
