Dove prima imperava lo spaccio della camorra ora fioriscono i bed & breakfast e i turisti potranno ammirare dall’alto gli scavi. Grazie alle buone pratiche messe in atto dall’amministrazione di Ercolano, che ha stretto da tempo una collaborazione fruttuosa con il Packard Humanities Institute, i luoghi del malaffare si stanno trasformando in una spettacolare passeggiata con vista sulla celebre area archeologica: «Quando escono di galera, i detenuti aprono strutture ricettive invece di tornare a spacciare», spiega con comprensibile soddisfazione Ciro Buonajuto, sindaco di Ercolano e vicepresidente nazionale dell’Anci.
Una trasformazione in atto che dovrebbe comprendere anche la costituzione di uno dei più importanti musei archeologici d’Italia, in grado di dare finalmente casa agli innumerevoli e straordinari reperti ritrovati negli scavi della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C: gioielli, monete, ceste, mobili in legno, attrezzi da chirurgo, una barca intera, perfino resti di cibo, ora in gran parte accatastati nei depositi del Parco archeologico in attesa di essere resi fruibili a tutti i visitatori, tranne una piccola esposizione di monili d’oro ritrovati nei primi anni ottanta sugli scheletri di 300 ercolanesi che si erano rifugiati – senza successo – nelle arcate in riva al mare, sotto le Terme suburbane. I reperti di Ercolano sono particolarmente interessanti perché, a causa delle particolari condizioni di seppellimento della città durante l’eruzione, quando l’area venne coperta da una nube di gas, fango e cenere e da un’ondata di calore a 400 gradi, si sono salvati anche materiali lignei e organici.
La fruttuosa collaborazione che ha portato alla realizzazione della piazza e al progetto del museo nasce dalla relazione dinamica e positiva tra il comune e la fondazione presieduta da David W. Packard, figlio di uno dei due fondatori del colosso informatico HP (Hewlett-Packard appunto), di formazione classica e appassionato conoscitore dell’antichità, che tramite l’Herculaneum Conservation Project ha attivato una serie di progetti a sostegno della gestione del patrimonio archeologico del sito dal 2001. Di recente Packard, che con i suoi 83 anni non è più un ragazzino ma è animato da grande entusiasmo, è tornato in visita da queste parti e ha incontrato il sindaco Buonajuto, a cui ha espresso la volontà di vedere realizzato il progetto museale in tempi rapidi, progetto per il quale aveva coinvolto a suo tempo Renzo Piano, che aveva già preparato qualche schizzo. L’area interessata dai lavori di costruzione del museo è quella a valle degli scavi, tra il Parco archeologico e il mare, dove la fondazione ha già acquistato una serie di terreni agricoli per 1 milione e mezzo di euro: una volta completato, il museo sarà uno dei più importanti del settore in Italia, forse in tutta Europa.
In attesa della realizzazione del museo, è pronto il percorso che si affaccia sull’area degli scavi, grazie a un intervento fondamentale della fondazione che nella zona di via Mare e via dei Cortili, confinanti con il Parco, ha acquistato e abbattuto alcuni immobili – diversi in condizioni fatiscenti – per tre milioni di euro, donando poi i terreni allo Stato e consentendo così all’amministrazione comunale di intervenire realizzando una grande piazza che promette di essere uno dei più importanti belvedere sugli scavi archeologici del Paese.
«La piazza è completata, aspettiamo che termini la riqualificazione della passeggiata archeologica con l’abbattimento dell’alto muro che costeggia il percorso per fare una grande inaugurazione di profilo internazionale, ovviamente alla presenza di David Packard», spiega il primo cittadino. La partnership pubblica-privata che unisce la fondazione filantropica Packard Humanities Institute e il Parco archeologico di Ercolano è unica nel suo genere: «In Italia abbiamo diversi esempi di sponsorizzazioni, ma questo è un caso unico di partenariato tra istituzioni pubbliche e privati. La realtà che abbiamo concretizzato non consiste semplicemente in un finanziamento, ma in un coinvolgimento fattivo, con la presenza di professionisti e tecnici internazionali e di altissimo profilo che collaborano costantemente con i funzionari pubblici e gli specialisti dei Beni Culturali, capitanati dal direttore del Parco Francesco Sirano», conferma il sindaco Buonajuto. Che prosegue spiegando come l’intervento della fondazione sul tessuto sociale sia stato decisivo nella realizzazione del progetto della piazza: «I grandi finanziamenti nella storia del mezzogiorno ci sono sempre stati, ma da soli non bastano: David Packard con la sua fondazione è riuscito a relazionarsi con i vari attori del territorio, in particolare con la fascia sociale più debole. Quando abbiamo progettato la piazza siamo andati a intervenire in un’area delicata, da decenni controllata dalla malavita: arrivare di punto in bianco e dire alle famiglie che abitavano nella zona che sarebbero state abbattute le costruzioni per dare un nuovo profilo all’area non sarebbe stato semplice né fruttuoso. Con un percorso condiviso durato anni, la Fondazione si è appoggiata ad associazioni locali per collaborare con i cittadini creando attività per i bambini, doposcuola, campi di calcetto, dimostrando insomma attenzione e cura innanzitutto alle persone, che nel tempo hanno imparato a fidarsi e ad apprezzare gli interventi per il Parco archeologico».
Una presenza costante che il sindaco ha seguito coordinando le varie parti e rispondendo attivamente alle proposte di Packard: «Qui ognuno fa il proprio dovere. Lui si è innamorato di Ercolano, noi siamo stati pronti ad accogliere le sue proposte e a lavorare insieme per fare di questo luogo non solo un centro di valore culturale ma, attraverso la cultura, anche un luogo di rinascita sociale».
E Packard sul libro degli ospiti del Parco archeologico ha voluto si scrivesse: «La più grande tragedia della mia vita è non avere neanche una goccia di sangue italiano. La mia consolazione è essere cittadino onorario di Ercolano».
