Siccome non vogliamo sottrarci al tema prendiamo di petto anche la questione del finanziamento irregolare dei partiti che ha provocato le vicende giudiziarie di Bettino Craxi. Ora, se l’iniziativa del pool di Mani Pulite fosse stata assunta negli anni 50 e 60 De Gasperi, Togliatti, Nenni, Fanfani, i dorotei, Saragat, Ugo La Malfa, i maggiori leader sindacali (non dimentichiamo la gestione dei palazzi degli enti previdenziali), Vittorio Valletta, Enrico Mattei e i suoi successori all’Eni, i capi di molte imprese dell’Iri, i presidenti delle maggiori banche, per non parlare delle manipolazioni della borsa messe in atto da Enrico Cuccia, avrebbero tutti corso il rischio di essere incriminati e poi condannati con prove inequivocabili.
Quanto al Psi esso, fino a Craxi, è stato finanziato dai suoi due maggiori partiti alleati e dai loro sistemi di potere, cioè ai tempi del frontismo dal Pci con annesse cooperative e dal Pcus, poi nella fase iniziale del centro-sinistra dalla Dc e dal sistema delle partecipazioni statali. Con Craxi il Psi ha puntato a costruirsi un sistema di finanziamento autonomo proprio per rendere davvero autonoma la sua politica con tutti i rischi derivanti da chi arriva per ultimo, usando anche intermediari spregiudicati e avventurosi. Tutto ciò non cancella certamente gli errori politici che in quegli anni Craxi commise.
L’errore principale fu proprio quello di essere stato poco craxiano dopo il 1987: per primo, nel 1979, Craxi aveva intuito la necessità di fare grandi riforme e invece nel ’90-’91 ruppe con Mario Segni e invitò gli italiani ad andare al mare in occasione del referendum sulla preferenza unica; assunse un atteggiamento attendista nei confronti della Dc nella aspettativa di ritornare presidente del Consiglio; fu assai ottimista nei confronti dei “ragazzi di Berlinguer” (Occhetto, D’Alema, Veltroni) che invece nutrivano nei suoi confronti una repulsione feroce e regalò a essi il via libera per l’ingresso nell’Internazionale socialista e non diede retta a Cossiga per le elezioni anticipate nel 1991.
Gli errori politici, però, non giustificano il selvaggio attacco giudiziario e mediatico. Paradossalmente su Craxi, nel suo rapporto con il denaro, nella vita che faceva nella realtà ha scritto cose assai giuste un anticraxiano storico, un grande giornalista come Francesco Merlo: «Non c’erano nella vita di Craxi abitudini, beni, vizi e sfoggi da tesoro nascosto… Craxi nello stile era lontano dal modello socialista dell’epoca» (F. Merlo, Le polemiche su via Craxi e la vita modesta dei partiti, La Repubblica, 3 dicembre 2019). Non bisogna neanche dimenticare che una notevole quantità di soldi fu spesa da Craxi per la solidarietà internazionale ai socialisti spagnoli, portoghesi, greci, ai cileni, in un certo momento anche a Mitterand, e molto (a nostro avviso troppo) fu destinato a Yasser Arafat e all’Olp. Ma su questo terreno i leader dell’Internazionale socialista, Felice Gonzales e Guerra in testa, sono stati di una viltà e di una ipocrisia straordinarie: molto più leali e riconoscenti sono stati i leader arabi come Arafat e Ben Ali che hanno resistito a tutte le pressioni dei governi italiani di centro-sinistra.
Certo, poi c’è stata un’altra faccia della medaglia, quello non del finanziamento irregolare, ma della corruzione personale. Su questo tema va fatta un’analisi a 360°. Elio Quercioli, in una riunione della Direzione del Pci del 1° febbraio 1973, disse: «Nelle amministrazioni pubbliche prendiamo soldi per far passare certe cose. In questi passaggi qualcuno resta con le mani sporche» (in G. Crainz, Il paese reale, pag. 33, Donzelli, Roma, 2013). Per parte sua Craxi commise l’errore di non prendere a calci nel culo quei «parvenu spocchiosi, eleganti e spendaccioni» (F. Merlo) che furono i “craxini” che spesso lo circondavano e lo adulavano. Ma per parte sua Craxi ha seguito in modo spontaneo la regola sempre ricordata da Francesco Merlo secondo la quale «è davvero difficile trovare nel grande potere delle democrazie occidentali dei veri numeri uno che abbiano approfittato del danaro soprattutto per sé stessi» (idem).
Non a caso Craxi fece alla Camera quel famoso discorso sul finanziamento irregolare dei partiti dove per viltà, per cinismo o per una ragione tattica più di fondo i dirigenti democristiani e comunisti non presero la parola. I democristiani non parlarono perché, seguendo la dottrina Gava, essi ritenevano che dando in pasto ai magistrati Bettino Craxi e i socialisti si sarebbero salvati. I leader dorotei non avevano letto qualche buon libro sulla Rivoluzione francese: quando la ghigliottina si mette in moto essa ha una sorta di automatismo e non si ferma facilmente.
Per parte loro invece i post-comunisti tacquero perché puntavano sul fatto che all’interno del pool il compagno D’Ambrosio avrebbe convinto gli altri colleghi a concentrare il fuoco in altra direzione dal Pci-Pds perché di almeno un’alleanza politica c’era bisogno (la missione riuscì e dopo D’Ambrosio è stato parlamentare del Pds per alcune legislature). Nel caso dei post-comunisti si è trattato di un calcolo giusto solo nel breve periodo, ma certamente non nel lungo: oggi i post-comunisti del Pd sono a tal punto privi di un alleato politico consistente che addirittura alcuni di loro (Zingaretti compreso) hanno delirato sui grillini come possibili “alleati strategici”, ma come esistono “i sogni di una notte di mezza estate” esistono anche “i deliri” dei giorni nuvolosi di mezzo autunno.
Detto tutto ciò, però la lezione di fondo da trarre a nostro avviso dall’inquietante itinerario che ci ha portato da Mani Pulite, all’affermazione del Pds-Ds-Pd come partito unico della sinistra, allo scontro senza vincitori fra berlusconismo e antiberlusconismo, all’austerità e al rigorismo assoluti, all’esplosione populista e all’affermazione del sovranismo razzista è che paradossalmente la sconfitta sia dei miglioristi nel Pds sia l’esecuzione di Craxi per mano giudiziaria e pugnale berlingueriano sono proprio alla radice della sconfitta di tutta la sinistra italiana.
Possiamo dire che il paradosso storico è tutto squadernato davanti a noi: il post berlinguerismo, in Italia, ha sconfitto i miglioristi e contribuito alla distruzione del Psi e alla demonizzazione di Craxi, in Inghilterra Corbyn ha cancellato la tradizione riformista del laburismo e così entrambi hanno portato la sinistra italiana e quella inglese alla disfatta. Se non si riparte dal migliorismo, dal riformismo, in un certo senso dal craxismo, a nostro avviso non c’è futuro per la sinistra italiana. Poi le sardine rappresentano una scossa e una novità fuori dagli schemi, una risposta di base spontanea all’insopportabile imbarbarimento di Salvini, ma per ricostruire un progetto politico e culturale occorre molto altro.
