Particolarmente significativo è il Libro Bianco per la Promozione e la Diffusione delle Cure Palliative nel mondo, preparato da un gruppo internazionale di esperti. L’obiettivo è di far crescere la conoscenza e soprattutto la pratica delle cure palliative. Il Libro Bianco raccoglie diverse raccomandazioni per diffondere una migliore cultura delle cure palliative nel mondo. I suggerimenti sono stati redatti dai 13 esperti che hanno elaborato una strategia globale per i diversi gruppi di stakeholder coinvolti. Si chiede inoltre alle università di prevedere corsi di formazione obbligatori, ai farmacisti di predisporre dosaggi non standard e formulazioni economicamente accessibili. Tra l’altro si nota come le associazioni professionali debbano promuovere dichiarazioni e orientamenti politici regionali e internazionali. Coinvolti anche i media per la creazione di una cultura della consapevolezza su malattia avanzata e ruolo delle cure palliative. Destinatari di raccomandazioni anche gli ospedali, che dovrebbero offrire a costi accessibili i farmaci di base. Mobilitati, infine, operatori sanitari e organizzazioni benefiche e per i diritti umani. Con gli operatori sanitari a diversi livelli, con le religioni abramitiche e con le Chiese cristiane, condividiamo la volontà di promuovere una «cultura palliativa», sia per scongiurare la tentazione di imboccare scorciatoie, di cui le più evidenti sono l’eutanasia e il suicidio assistito, sia per promuovere una cultura della cura che permetta di offrire una compagnia di amore sino al passaggio della morte. Il movimento delle cure palliative, infatti, mentre esprime un modo sapiente di stare accanto a chi soffre, diviene anche un messaggio di come concepire la stessa esistenza umana. E fa riscoprire alla medicina la sua vera vocazione. L’obiettivo della guarigione gioca sempre più un ruolo preponderante nella medicina contemporanea. Questo porta a dire che quando non riesce a guarire pensa di aver fallito. Non è così! Anche quando non si può guarire, si deve sempre curare! Del resto non possiamo cancellare dalla esistenza umana il limite che la malattia evidenzia e la morte sancisce. L’illusione dell’immortalità, che fa da sfondo alla guarigione come un assoluto della medicina, è pericolosissima. La consapevolezza della finitudine umana porta invece a prendersi cura e ad accompagnare evitando i due estremi: l’abbandono terapeutico e l’accanimento terapeutico. Non entro in questa sede nel dibattito sul fine vita che coinvolge anche l’Italia e il legislatore. E mi riservo di intervenire in altro momento. Per ora mi pare importante sottolineare che quando non si può fare più nulla per guarire non è vero che non ci sia più nulla da fare. Se si vuole: finito il tempo del fare vi è quello ancor più decisivo dell’esserci. Un imperativo che riguarda non solo i medici e il personale addetto, ma l’intera società a partire, ovviamente, da chi è più vicino.
Cure palliative, bisogna prendersi cura di chi non puó guarire
