Scelte decisive
Da dazi allo scoglio dell’unanimità: l’Europa cerca la svolta dell’indipendenza
È ormai evidente che stiamo attraversando una fase storica caratterizzata da un tentativo lucido e non improvvisato di costruire un nuovo ordine mondiale, guidato da una “compagnia” di autocrati e potenze finanziarie e digitali che hanno sostituito i vecchi padroni del vapore. Questo scenario pone al centro la questione fondamentale di come difendere e promuovere la democrazia, riformulando regole di funzionamento obsolete e bloccanti, come il voto all’unanimità nel Consiglio Europeo. Parallelamente, si pone la sfida di rispondere al declino del globalismo liberista e all’espansione di un nuovo protezionismo basato sui dazi, che mina uno dei pilastri del vecchio ordine mondiale: il libero scambio e le economie aperte.
La prima risposta che l’Unione Europea deve fornire, riprendendo dai cassetti i rapporti commissionati a personalità autorevoli come Mario Draghi, è quella di rafforzare il ruolo direttivo delle politiche pubbliche sugli asset strategici per lo sviluppo socio-economico europeo. Dall’intelligenza artificiale alla sostenibilità ambientale, dalla difesa alla produzione industriale, dalla ricerca all’innovazione, fino alla coesione e alle politiche per i giovani. Per farlo, è necessario attivare senza indugio un “debito buono” che garantisca un finanziamento annuo di 700-800 miliardi di euro al sottofinanziato Bilancio Europeo.
La seconda risposta riguarda la gestione delle relazioni commerciali tra Unione Europea e Stati Uniti. La presidente Ursula von der Leyen ha presentato come storico l’accordo con dazi reciproci al 15%, ma molti lo hanno criticato duramente, definendolo un atto di sottomissione. A complicare la situazione, Donald Trump ha successivamente messo in discussione l’autonomia legislativa europea nel settore digitale, interferendo direttamente in una competenza esclusiva dell’Ue. La politica commerciale europea deve essere condotta con la dovuta dignità verso i partner storici, ma anche con coraggio nell’aprire nuovi rapporti, ad esempio con il Mercosur.
Un terzo elemento fondamentale è la necessità di dare priorità alle politiche sociali comuni: l’Ue non deve essere solo un mercato. L’idea che l’economia da sola unisca i popoli ha funzionato solo fino a un certo punto dell’integrazione; oggi è invece possibile rilanciare e rafforzare il modello sociale europeo.
Infine, non si può abbandonare la leadership europea nelle politiche green. Tuttavia, occorre evitare l’ideologismo esasperato: per costruire un’economia verde e un ambiente pulito servono pragmatismo intelligente, coerenza e gradualità.
L’Europa deve ridurre la propria dipendenza in settori strategici come semiconduttori, materie prime critiche e difesa. Più che aumentare la spesa nazionale, è essenziale attivare una cooperazione rafforzata tra gli Stati membri negli appalti per la difesa e nello sviluppo di un’industria spaziale e militare comune. Come ha detto Mario Draghi, non bastano i valori: servono atti politici concreti. Non si può avere una moneta unica senza sfruttarne appieno le potenzialità. Non si può affrontare la nuova competizione globale aggrappandosi ai fasti del passato. E non si deve disperdere la grande conquista del modello sociale europeo, dove la dignità della persona non può e non deve essere soppiantata dal cinismo del mercato.
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