La scorsa settimana il Primo Ministro albanese Edi Rama ha annunciato la composizione del suo nuovo governo e con essa la nomina di Diella, un bot generato dall’intelligenza artificiale come nuova Ministra dei lavori pubblici. Diella gestirà e assegnerà tutte le gare pubbliche in cui il governo appalta a imprese private. “Diella è il primo membro del governo che non è fisicamente presente, ma è virtualmente creato dall’intelligenza artificiale”, ha detto Rama. Contribuirà a rendere l’Albania “un Paese in cui gli appalti pubblici sono al 100% privi di corruzione”. Parte suggestione, parte provocazione, è curioso che ultimamente quelli che hanno più speranza nella tecnologia siano quelli che hanno meno fiducia circa la condizione umana. E che la soluzione ai malanni della democrazia sembri venire da una specie di autoritarismo digitale.
Il nesso concettuale tra queste disposizioni si trova nel modo in cui i tecnofili concepiscono il rapporto degli esseri umani con il futuro. I “tecnonosoluzionisti” considerano problemi politici che richiederebbero procedure logiche come risolvibili dalla tecnica. Come abbiamo visto negli Stati Uniti nella breve esperienza di Elon Musk alla testa del DOGE (il dipartimento di efficienza governativa), la tecnica si presenta così come un sostituto della politica. La democrazia diventa superflua, le sue procedure di deliberazione e decisione rappresentano un ostacolo quando disponiamo degli strumenti, dei calcoli e della velocità forniti dalla tecnologia. Il dibattito è una perdita di tempo, la regolamentazione un freno al progresso tecnologico e la sovranità popolare una consacrazione dell’incompetenza. La versione digitale della tecnocrazia consiste oggi nella pretesa degli sviluppatori tecnologici di decidere per noi, senza perdere tempo in altre considerazioni.
Naturalmente lo sviluppo della tecnica ha risolto molti dei nostri problemi, ma la grande promessa dei nuovi signori della tecnologia non è quella di risolvere quanto quella di dissolvere i problemi e, di conseguenza, far scomparire quel futuro problematico, con la sua incertezza e imprevedibilità. La stessa idea di porre fine all’invecchiamento e persino di garantire l’immortalità mira a salvarci dal futuro, che è proprio ciò di cui sono privi gli esseri immortali.
Non è un caso che Xi e Putin siano stati colti in un fuori onda a parlare di immortalità nel loro recente incontro a Pechino. Liberarsi dal futuro non significa solo liberarsi da ciò che sta per arrivare, ma anche non dover decidere. Saremmo in un presente continuo in cui avremmo solo il compito di ottimizzarlo, senza interrogativi radicali. Una tecnica così intesa non solo ci protegge da possibili mali futuri, ma ci libera dal futuro in generale in cui questi possibili mali potrebbero irrompere. Diventeremmo esseri ai quali, in fondo, non può succedere nulla. Si tratterebbe di sfuggire a quell’indeterminatezza che ci caratterizza: quella del futuro. Grazie allo sviluppo della tecnica, l’umanità raggiungerebbe finalmente uno stadio fisso e determinato, senza incertezze né controversie, protetta dai rischi della decisione, cioè senza umanità.
Ma non è neanche un caso che la scelta di Rama e dell’Albania siano in un campo, quello dei lavori pubblici e dell’anti-corruzione, sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles. Il processo di allargamento dell’Unione europea è il futuro al quale Tirana giustamente ambisce, è almeno sulla carta una delle espressioni più alte della tecnocrazia weberiana, basata sul principio dell’autonomia dell’apparato burocratico dalle distorsioni della politica. La tecnocrazia comunitaria è fatta di parametri, condizioni, criteri sui quali il progresso o meno verrà misurato. Se non che l’Albania, come tutti gli altri Paesi dei Balcani in coda per entrare in Europa da ormai due decenni, si sono resi conto che la tecnocrazia non è spesso che una foglia di fico per reticenze e codardie politiche dell’Europa. Anche se Tirana facesse tutto quello che i camici bianchi di Bruxelles richiedono, nuovi parametri verrebbero inseriti, nuove scuse verrebbero poste, nuovi referendum convocati.
Così Rama rende all’Europa pan per focaccia e l’Albania diventerà più realista della regina della tecnocrazia. Nel fare questo però non ci restituisce solo l’immagine surreale e deprimente di alti funzionari della Commissione europea che fanno vertici con un bot. Diella è anche lo specchio impietoso dello svuotamento della democrazia che ci siamo auto-inflitti.
