La situazione
Dazi al via, l’Ue parte divisa: la Germania gioca da sola per evitare il crac. Trump, tariffe choc al Brasile per difendere Bolsonaro
Tutte le merci vendute negli Stati Uniti saranno tassate al 15 per cento: danno da 8 miliardi per l’Italia. La Germania cerca un accordo per l’export di acciaio
Il giorno è arrivato: da oggi sono in vigore i dazi per le merci che l’Europa esporta verso gli Stati Uniti. Dopo un lungo tira e molla, tanti annunci e innumerevoli post sui social, Washington e Bruxelles hanno trovato un accordo di massima. I punti principali sono l’imposizione di tariffe al 15 per cento per tutte le merci esportate negli Usa ad esclusione di acciaio, alluminio e rame, per i quali restano al 50 per cento. Non solo, l’Europa si impegna ad acquistare 750 miliardi di dollari di energia statunitense (petrolio, Gnl, nucleare) entro il 2028. E, infine, sempre dal vecchio Continente dovrebbero partire investimenti verso il Nord America per almeno 600 miliardi di dollari.
Per l’Italia, l’impatto previsto è tra gli 8 e i 10 miliardi di euro. Il Belpaese è il secondo esportatore verso gli Usa con circa 65 miliardi di euro di vendite, subito dopo la Germania. Roma sta cercando di trattare, tramite l’Unione Europea, allo scopo di avere esenzioni soprattutto sui prodotti agroalimentari venduti oltre oceano.
La Germania gioca da sola
Il patto, inizialmente salutato con un sospiro di sollievo dalla maggior parte dei Paesi membri, è poi stato poi soggetto a numerose critiche. Alle perplessità della Francia, Macron ha sempre sponsorizzato la linea dura, e degli Stati dell’Est, si è poi aggiunta a sorpresa la Germania. Berlino, insieme all’Italia, ha capeggiato la linea della trattativa per rassicurare i mercati ed evitare una “trade war”. Le cose sono cambiate proprio sulla tassazione dell’acciaio. Il ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil critica duramente l’accordo sui dazi tra Trump e Von der Leyen. Secondo l’esponente della Spd, l’intesa penalizza l’economia tedesca, soprattutto l’industria automobilistica, e rivela una debolezza negoziale dell’Europa. Klingbeil chiede l’introduzione di quote per l’acciaio e maggiore equilibrio nei rapporti transatlantici. La Commissione Europea si dice sorpresa: Berlino era stata informata e partecipe. Per Bruxelles, l’accordo ha evitato una guerra commerciale. Ma le tensioni interne al blocco restano evidenti.
Insomma, Berlino si sfila con delicatezza per un motivo molto semplice. I dati macroeconomici della Germania fanno tremare i polsi. I dazi sull’export dell’acciaio rischiano, nel breve termine, di affossare il rilancio industriale che il governo Merz sta provando a fare. Allo stesso tempo, il Pil continua a viaggiare tra lo zero e il negativo. Eppure quando un’ipotesi del genere partì dall’Italia, molti si stupirono accusando una parte della politica di essere “antieuropeista”. Chissà cosa penseranno ora della Germania.
Brasile
Sono iniziati anche i dazi imposti contro il Brasile: il 50 per cento sull’export del Paese sudamericano. La mannaia di The Donald colpisce duramente il 36 per cento dell’export verdeoro. Tra i prodotti interessati dai nuovi dazi figurano beni strategici come caffè, carne e zucchero.
Nel documento ufficiale, la Casa Bianca ha accusato il governo del presidente di sinistra Luiz Inacio Lula da Silva di aver mosso “accuse penali ingiustificate” contro Bolsonaro. Secondo Washington, le recenti politiche del Brasile rappresentano “una minaccia insolita e straordinaria” per l’economia, la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti.
Tecnologia italiana
I dazi americani rischiano di affossare il comparto tecnologico italiano. È l’allarme lanciato da Anie Confindustria: le nuove tariffe potrebbero causare danni fino a 800 milioni di euro. L’associazione imprenditoriale ricorda che le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti hanno superato i 4 miliardi di euro, con un aumento dell’11,5 per cento in valore e del 18 per cento in volume rispetto all’anno precedente. Gli Stati Uniti sono oggi il secondo mercato di destinazione per le tecnologie italiane del settore, subito dopo la Germania. È aumentata l’incidenza sulle importazioni Usa di tecnologie italiane ad alto valore aggiunto, che nel 2019 rappresentavano circa il 20 per cento delle esportazioni italiane complessive dirette al mercato, mentre oggi il 25 per cento.
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