Le Borse europee non sono andate nel panico dopo la lettera che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha inviato all’Unione Europea annunciando dazi del 30 per cento a partire dal primo agosto. Secondo molti analisti, gli operatori finanziari si stanno “abituando” a questo tipo di sortite da parte del Tycoon e quindi mantengono la calma in attesa di capire cosa accadrà. L’idea generale è che il Presidente degli Stati Uniti sia sempre più Taco, Trump always chicken out (Trump fa sempre marcia indietro).
Controdazi
Inoltre in questo momento da Bruxelles non sono partite rappresaglie concrete. Si ragiona ancora sul da farsi. Anche per questo, i mercati finanziari non si sono lasciati prendere dal panico. Il tempo c’è anche se un accordo è quanto mai necessario. I primi controdazi Ue contro le tariffe imposte da Trump su acciaio e alluminio – congelati per favorire il dialogo -, dal valore di 21 miliardi, scatteranno il 6 agosto in caso di mancato accordo. E’ quanto riferiscono fonti Ue. La decisione sul secondo pacchetto da 72 miliardi, al vaglio dei Paesi membri e pensato per reagire alle misure statunitensi, sarà invece valutata “in base all’evoluzione delle trattative”.
La Bce
Le preoccupazioni della Banca Centrale Europea però sono in aumento. Claudia Buch, presidente del Consiglio di Vigilanza, ha lanciato un chiaro segnale ai mercati e alle istituzioni finanziarie: l’inasprimento dei dazi doganali e l’aumento delle tensioni geopolitiche stanno rimodellando rapidamente lo scenario operativo delle banche. Nel corso di un’audizione presso la Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, Buch ha sottolineato che sebbene la reazione dei mercati agli ultimi annunci tariffari sia stata breve, i segnali sottesi indicano rischi crescenti, soprattutto nel medio e lungo termine.
Tradotto per i non addetti ai lavori: se non dovesse esserci un accordo, il quadro economico generale potrebbe peggiorare e a quel punto la Banca Centrale dovrebbe per forza di cose intervenire. La data chiave è il 24 luglio, quando ci sarà una riunione del vertice dell’Istituto di Francoforte. Fino all’invio della lettera di Trump sui dazi, gli esperti scommettevano in uno stop al taglio dei tassi di interesse da parte della Banca centrale. Tassi che, ad oggi, sono al 2 per cento in linea con l’inflazione. I problemi all’orizzonte, però, sono due.Il primo è la debolezza del dollaro nei confronti dell’euro. La quotazione bassa rappresenta un “dazio aggiuntivo” che rende più complicato l’export del vecchio continente. Mantenere il tasso al 2 per cento potrebbe significare tenere ancora la moneta unica forte con i conseguenti disagi per il sistema produttivo europeo.
Il secondo, di natura opposta, è l’introduzione dei dazi. La guerra commerciale, con gli aumenti generalizzati su tutta la catena della fornitura, potrebbe portare ad una fiammata dei prezzi e quindi a una crescita dell’inflazione. Si avrebbe, allora, prezzi alti ed euro forte: uno scenario davvero difficile da gestire per evitare che l’economia dell’Europa cada in stagnazione.
Inflazione Usa
Intanto l’inflazione degli Stati Uniti è cresciuta nel mese di giugno dello 0,3 per cento rispetto a maggio. L’inflazione annua è al 2,7 per cento leggermente superiore delle stime degli analisti che la davano al 2,6 per cento. Secondo il Financial Times, il livello dell’inflazione sta “superando le aspettative e segnalando che i dazi imposti da Donald Trump stanno influenzando i prezzi”. Conoscere il livello dei prezzi americani è fondamentale per capire in che modo la politica commerciale del Presidente determina l’andamento dell’economia americana. Questa leggera crescita, inoltre, complica i lavori della Federal Reserve. Da tempo la Casa Bianca chiede di abbassare i tassi con gli attacchi furiosi da parte di The Donald al numero uno della Fed. Ma l’ultimo dato pubblicato dà ragione a Jerome Powell il quale non vuole tagliare i tassi perché si aspetta una crescita dei prezzi. Anche in questo caso il dollaro debole gioca un ruolo fondamentale per il rialzo del paniere degli americani.
