Verso la risposta coordinata dei Brics
Dazi, Usa e Ue divisi sui chip mentre Brasile, India e Cina preparano la guerra commerciale a Trump
Trump annuncia misure al 100% sui micro-conduttori e Bruxelles smentisce
Il primo giorno di dazi è oramai trascorso ma non tutti i punti sono stati chiariti. Dal 7 agosto sono in vigore le tariffe imposte dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulla maggior parte dei partner commerciali. Non mancano, però, novità e punti di vista contrastanti.
La novità più interessante è che la Spagna non comprerà più gli aerei F35 dagli Stati Uniti ma, secondo la stampa iberica, punterà su progetti europei per una questione di “sovranità”. Sulla stessa linea, anche la Svizzera. Svegliatasi con dazi al 35 per cento, Berna sarebbe pronta ad annullare gli acquisti di caccia americani in ritorsione ai dazi, anche se al momento si tratterebbe soltanto di un’ipotesi.
Contrasti
Non mancano idee diverse tra Stati Uniti ed Europa. Nella notte tra il 6 e il 7 agosto, il Presidente americano ha annunciato dazi pesanti sui microchip. In un incontro con il numero uno di Apple, Tim Cook, il Tycoon dichiara “dazi di circa il 100 per cento su chip e micro-conduttori” importati negli Stati Uniti. Una tariffa che non varrà per chi già produce negli Usa o chi sta spostando la produzione verso Washington. Pronta è arrivata la risposta dell’Unione Europea.
Il portavoce Ue per il Commercio, Olof Gill, durante il briefing con la stampa spiega: “Abbiamo ottenuto un impegno per un tetto tariffario uniforme del 15 per cento che si applica a tutti i prodotti, e si tratta dell’unico accordo con gli Stati Uniti che non impone tariffe aggiuntive rispetto alle tariffe della nazione più favorita. L’impegno” sancito dall’accordo del 27 luglio “vale anche per farmaci e chip” ha precisato Gill. Ancora, Bruxelles spiega che i “dazi sono pienamente in vigore” e manca solo la firma di Trump: “la palla è nel loro campo” e “ci attendiamo che ci aiutino a fare passi avanti”. L’Europa poi si aspetta “a giorni” l’ordine esecutivo, firmato da Donald Trump, che porterà i dazi sulle auto Ue dall’attuale 27,5 per cento al 15 per cento, come previsto nell’intesa.
Brics
Intanto il Brasile e l’India non si arrendono alla politica “aggressiva” degli Stati Uniti. Il consigliere speciale della Presidenza della Repubblica brasiliana, Celso Amorim, ha confermato la telefonata tra il presidente Luiz Inácio Lula da Silva e il primo ministro indiano, Narendra Modi, prevista per oggi, per parlare dell’aumento dei dazi Usa. Il prossimo ad essere contattato dovrebbe essere il leader cinese, Xi Jinping. Secondo quanto riportano i media locali, Lula sta valutando una risposta coordinata dei Brics ai dazi statunitensi, tema di cui si era discusso anche in occasione del vertice dei leader di luglio, a Rio de Janeiro. Più volte lo stesso Trump ha minacciato i Paesi che fanno affari con i Brics di dazi aggiuntivi. Di certo, però, un eventuale coordinamento tra i tre giganti, Brasile, India e Cina, potrebbe rappresentare un serio problema per la politica commerciale americana.
Debito Usa
L’inquilino della Casa Bianca, però, non retrocede. In un post pubblicato sul suo social, Truth, annuncia che, grazie ai dazi, “miliardi di dollari” affluiranno nelle casse degli americani. Secondo alcune indiscrezioni di stampa, l’Amministrazione starebbe studiando un piano per condividere con le classi sociali più povere un “dividendo da dazio”. Il problema principale, però, resta l’enorme debito americano e il programma di spesa approvato dal Congresso con l’ultima “finanziaria”, il Big Beautiful Bill, che amplia l’esposizione a stelle e strisce di quasi 3.500 miliardi di dollari in dieci anni. A Washington sanno benissimo che si tratta di un azzardo, basterebbe poco affinché i mercati non finanziassero più i programmi americani facendo saltare un equilibrio economico instabile. Ecco perché Trump spera di recuperare fondi dall’imposizione dei dazi. Una strategia probabilmente vincente a breve termine ma che, nel lungo periodo, mostrerà la corda dell’inflazione che cresce e del potere di acquisto degli americani che cala. Il dazio è una tariffa che pesa sul cittadino del Paese importatore.
Il secondo obiettivo è riportare la produzione industriale negli Usa. Anche se ci riuscisse, Trump non ha fatto i conti con i costi di produzione. Realizzare un cellulare di ultima generazione costa almeno un quarto in meno in Estremo Oriente: saranno pronti gli americani a pagare molto di più i beni che quotidianamente acquistano? Chi garantisce, inoltre, che il potere di acquisto crescerà? La risposta l’ha fornita in passato il premio Nobel all’Economia, Milton Friedman: “Definiamo i dazi come una misura protettiva. Proteggono. Proteggono molto bene il consumatore da una cosa. Proteggono il consumatore dai prezzi bassi”.
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