Anche questa settimana restiamo in scia della vicenda Garlasco, affrontando le questioni di “sistema” che questa specie di romanzo popolare inevitabilmente interroga. Il tema della prova scientifica è davvero al centro del torneo mediatico che si è scatenato, ma anche -da quello che è dato comprendere – della stessa riapertura delle indagini disposta dalla Procura di Pavia. Perciò ormai tutti si sentono autorizzati a discettare di DNA sotto le unghie o nei vasetti di fruttolo; di dattiloscopia, di impronte con o senza materiale biologico, e così via discorrendo. Ma per una volta, questo bailamme può tornare in qualche modo utile per far comprendere quanto sia mal riposta questa fede messianica nella prova scientifica. Tutti ne parlano e ne ragionano come se si trattasse dell’approdo certo, insuperabile, definitivo della prova penale. Ma sarebbe sufficiente riflettere sul fatto che su pressoché tutti i temi della indagine scientifica squadre di consulenti di parte – pubblica e privata – giungono a conclusioni quasi sempre contrapposte, per convincersi di quanto quelle aspettative siano mal riposte.
Lo squilibrio della prova scientifica
Per una volta, questo grave errore di approccio al problema non può essere imputato solo alla deriva mediatica. Nel processo penale, la prova scientifica è innanzitutto un elemento di forte squilibrio tra accusa e difesa. Il PM e la polizia giudiziaria dispongono di strumenti e mezzi ovviamente superiori a quelli mediamente accessibili dalle difese; ma soprattutto ne fanno uso nel segreto della indagine (salvo che l’esperimento tecnico sia irripetibile, nel qual caso esso deve essere effettuato nel contraddittorio tra le parti). Una accusa infine disvelata all’indagato, resa forte dal supporto tecnico-consulenziale sul quale ha potuto fare affidamento il PM, costringe la difesa ad un ruolo confutativo postumo, non sempre agevole e soprattutto non sempre accessibile per le capacità di spesa della persona indagata. A ciò si aggiunga la naturale diffidenza del giudice verso i consulenti della difesa, che è davvero un tema che accompagna quasi costantemente la nostra esperienza giudiziaria. Il motivo è sempre lo stesso: la parte pubblica persegue solo finalità di giustizia, la parte privata persegue la tutela degli interessi del proprio assistito.
La cultura della formazione della prova in contraddittorio, che ha bisogno come l’aria della contrapposizione dialettica tra le parti con pari dignità, fatica ad affermarsi. Al punto che questo discrimine – ne parliamo in quarta pagina – è stato perfino argomentato e teorizzato dalla Corte di Cassazione in alcune sentenze, per fortuna confutate da altre di segno opposto, ma sintomatiche di un atteggiamento culturale e psicologico diffusissimo tra i giudici di merito: il Consulente tecnico del PM è più attendibile del Consulente tecnico della difesa.
L’estrema prudenza della confutazione
L’idea che la difesa potrebbe conferire alla prova dibattimentale una consulenza scientifica – per esempio – di qualità e di autorevolezza superiore a quella offerta dalla Pubblica Accusa, fa grande fatica ad affermarsi, tale è l’idolatria dello stigma pubblico del consulente d’accusa. Per conseguenza, la confutazione difensiva della prova scientifica articolata dalla Pubblica Accusa viene prevalentemente valutata con estrema prudenza, e non di rado diffidenza: il giudice – come dire – tende a “resistere” a quella confutazione tecnica di parte privata, affidata ad un professionista che, “pagato dalla difesa”, perciò solo va preso con le pinze: come se i CC.TT del PM lavorassero gratis, e non vi possa essere un interesse professionale ad essere inseriti in quegli elenchi formati presso le Procure, ed una qualche tendenza ad assecondare, ove possibile, le aspettative dell’Ufficio.
In ogni caso, l’idea che la prova scientifica abbia una sua forza risolutiva, una preminenza nella gerarchia delle prove penali, è una pura e semplice leggenda metropolitana, e questo incredibile helzapoppin della inchiesta di Garlasco ne sta fornendo, e promette ancora di più di fornirne, la più rumorosa delle conferme. Buona lettura!
