Quando, poco prima dell’estate, pensammo di organizzare un momento pubblico di riflessione su destra e sinistra partendo dalla indistruttibile invettiva di Giorgio Gaber (“Ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra?”), avevamo grosso modo chiaro, Francesco Giubilei, Chicco Testa e il sottoscritto, cosa sarebbe accaduto.
Intanto l’appuntamento avrebbe destato interesse, perché non c’è dubbio che il tema è antico ma la sua attualità non decade. Malgrado destra e sinistra nella storia ne abbiano fatte e subite di tutti i colori, giungendo esauste alla fine del XX secolo, ancora oggi, nel micidiale “immaginario collettivo”, sono sempre lì a designare, a catalogare qualunque cosa accada, nella politica e nella società. E questo, lo si voglia o no, qualcosa significa: quindi non servirebbe a niente limitarsi a puntare il dito contro pigrizie mentali e conformismi diffusi che ostacolano pensieri più liberi, meno accasati.
Poi sapevamo che anche noi saremmo stati più che esposti al rito della etichettatura, una volta definiti panel e relatori dell’appuntamento ormai prossimo (4 settembre ore 10, hotel Savoy – Roma). ”Ma dov’è la destra vera?“; “E questa sarebbe la sinistra, secondo voi?”. Con perfetta simmetria, tifosi dell’una e dell’altra parte si sono detti poco rappresentati da questa o quella partecipazione. Il che potrebbe anche fare felici gli organizzatori, sulla base del noto adagio “se scontentiamo sia una parte che l’altra, vuol dire che siamo nel giusto…”. Ma sarebbe una consolazione parziale. Il nostro obiettivo non era né sarà misurare con il bilancino appartenenze e quarti di nobiltà di ognuno. Anche perché si sa che, in Italia, ognuno si ritiene sempre unico e solo depositario del vero. Mentre noi vogliamo sfuggire proprio a questa logica. Lunedì prossimo l’obiettivo sarà parlarsi liberamente, tra diversi, senza schemi prefissati.
Infine, era scontato che sarebbe arrivata l’accusa più velenosa. “Ma se mettete in discussione destra e sinistra, non è che per caso anche voi volete riesumare il famigerato ‘centro’?” (spettro, chimera, illusione, ambizione, a seconda di chi ne parla). No, non lavoriamo per questo. Ma la domanda la formulerei diversamente. Se in Italia si cominciasse a dialogare davvero sui contenuti, e se gli interlocutori trovassero un accordo su questo o quel tema, sarebbe un crimine? Noi pensiamo di no, anzi crediamo che sarebbe un piccolo passo avanti rispetto al dibattito asfittico e di principi astratti cui assistiamo. L’essenziale è che ognuno si disponga davvero a mettere in discussione le proprie convinzioni, anche quando radicate. Altrimenti il dialogo sarebbe un puro esercizio retorico.
Eccoci così giunti – aggirati tutti questi ostacoli capziosi o di lana caprina – al vero obiettivo che vogliamo raggiungere lunedì prossimo: discutere di cose scottanti e urgenti, provando a trovare delle intese tra interlocutori diversi per storia, profilo e collocazione. Esempi concreti. Si possono affrontare insieme alcuni nodi annosi e irrisolti della giustizia italiana, senza dividersi rovinosamente in tifosi dei PM e garantisti pelosi o a senso unico? Si può riflettere con realismo su quello che c’è da fare per migliorare l’ambiente, costruendo una transizione ecologica che sia ambiziosa ma al tempo stesso realistica e socialmente sostenibile? Quale equilibrio va trovato nel rapporto tra Stati e mercati, senza negare l’insopprimibile avanzata di processi globali, ma evitando anacronistiche chiusure autarchiche? E così via. Se già solo su uno di questi fronti si farà qualche passo avanti nella discussione, potremo dirci più che soddisfatti. In caso contrario, comunque non avremo perso tempo. Perché è abbastanza certo che, per rilievo dei temi e qualità delle presenze, la discussione del 4 non sarà stanca e formale. E dunque chi ci sarà (in presenza, da remoto o ascoltando la diretta dell’evento su Radio Radicale), avrà di che divertirsi.
