Diagnosi difficili, accettare il lato oscuro è un passo importante verso la guarigione e non significa debolezza, ma forza

Ci sono dei momenti nella vita in cui tutto sembra sfuggire al nostro controllo. Può succedere anche alla fine di una visita medica quando il responso è una diagnosi difficile, “violenta”, come una malattia cronica, il cancro in fase avanzata, le malattie terminali o le gravi lesioni, che sconvolgono la nostra esistenza e ci costringono ad affrontare una realtà spesso inimmaginabile, in un mondo in cui tutto ciò che sembrava certo è ora minacciato.

La diagnosi difficile scuote il terreno su cui camminiamo e ci costringe a confrontarci con la vulnerabilità della nostra esistenza. La paura del futuro, la rabbia per ciò che è stato o che potrebbe essere negato e la tristezza per ciò che si è perso sono solo alcune delle emozioni travolgenti che possono invadere la mente di una persona al punto da arrivare a innescare anche veri e propri disturbi ansiosi e depressivi. Queste emozioni dolorose sono un riflesso della nostra umanità e sarebbe un errore negarle perché, quando le oscure nuvole diagnostiche si addensano, può emergere una realtà sorprendente: l’essere umano è capace di una forza straordinaria. Infatti, nonostante lo tsunami di emozioni negative, dentro di noi abbiamo gli strumenti che ci consentono di accettare e affrontare con coraggio anche una diagnosi difficile.

Accettare il lato oscuro della diagnosi è un passo importante verso la guarigione e non significa debolezza, ma forza. Convivere con la malattia può diventare un’occasione personale per scoprire nuovi aspetti di sé, senza abbandonare quella motivazione intrinseca, fondata su valori personali e desideri profondi. È un punto di partenza essenziale per pianificare il nostro percorso verso il migliore degli scenari di salute possibili. Ci consente di abbracciare la nostra vulnerabilità senza giudizio, accogliendola come parte del nostro viaggio.
Il rischio di una diagnosi violenta fa parte del rischio di vivere e non è mai azzerabile, per quanto riducibile con stili di vita salutari e costante prevenzione. Se dovesse arrivare, potrebbe sottrarci a noi stessi mentre ci lasciamo andare. Oppure, può servire come una chiamata alla rinascita delle priorità. Così, ciò che una volta sembrava essenziale potrebbe perdere significato e fare emergere in primo piano gli obiettivi per noi più significativi. Una nuova prospettiva che ci infonde la determinazione a perseguire il miglioramento della nostra salute e il superamento delle sfide fondendo realismo e speranza, che sono il trampolino della motivazione a resistere. Proprio come per la Medaglia d’Onore James Stockdale che sopravvisse a sette anni di prigionia rimanendo realista senza mai perdere la fede nella propria capacità di superare le difficoltà. In tal modo trasformò un’esperienza estrema in un evento definitivo della sua vita, tanto che, guardandola in retrospettiva, non avrebbe voluto fosse diversa.

Una diagnosi difficile minaccia il nostro corpo, ma non tocca il nostro spirito se non glielo consentiamo. E per negarglielo è fondamentale, oltre a un supporto psicologico, il sostegno emotivo e pratico di chi ci circonda. Gli amici e i parenti non sono semplici spettatori, sono i nostri alleati nella strategia di sopravvivenza. Quanto gli operatori sanitari che con una comunicazione empatica e informazioni chiare aiutano a scegliere tra le opzioni terapeutiche. Di fronte alle difficoltà, possiamo sempre trovare la forza per resistere e non dobbiamo mai dimenticare che il buon marinaio si vede nella tempesta. Quella che affonda le navi non è l’acqua in cui sono immerse galleggiando. È l’acqua che entra da un piccolo foro dello scafo a portare giù.