Nel dicembre 2020 la Commissione europea ha presentato due proposte legislative, che si ponevano l’ambiziosa finalità di fare di questo il “decennio digitale” dell’Europa: il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA). Questi regolamenti, pubblicati in Gazzetta Ufficiale nell’ottobre 2022, prevedono una definitiva entrata in vigore tra febbraio e marzo 2024.
Si tratta di un pacchetto di riforme volto ad introdurre un quadro normativo che possa regolamentare il mercato digitale europeo. L’intento è quello di sviluppare un ecosistema digitale più sicuro, in cui siano tutelati i diritti fondamentali degli utenti. Forte è anche la volontà di lasciare aperto il settore, incentivando pratiche concorrenziali tra imprese, mirate a promuovere innovazione, crescita e competitività, sia nel mercato unico che a livello globale.
L’Unione europea è il primo attore internazionale ad adottare un insieme di normative strutturate per regolamentare il mercato e l’economia digitale. Si tratta di un grande successo comunitario, un passo importante verso una reale sovranità digitale europea, che fa dell’Europa un modello e un apripista del mondo, dopo il GDPR e la creazione del mercato unico digitale nella legislatura precedente. La speranza è che esempi di politiche pubbliche come queste, volte a delineare la necessità di una armonizzazione nella gestione della complessità, facciano riflettere gli Stati membri relativamente a una sempre maggiore condivisione di competenze nell’affrontare le grandi sfide internazionali.
L’approccio europeo comune nella DMA e DSA ha comunque e giustamente previsto il coinvolgimento degli Stati membri, attraverso le proprie autorità competenti, preservando però al contempo il ruolo guida della Commissione nel prendere le decisioni finali. Si sono mosse alcune critiche sulla difficoltà per Bruxelles di gestire da sola il programma, che da febbraio dovrà sorvegliare circa diecimila piattaforme.
In sede europea è già partito un piano di rafforzamento della direzione generale Connect, a cui spetterà un ruolo di coordinamento, con un programma di assunzioni nello staff tra esperti legali e data scientist. L’Ue si avvarrà anche del contributo del nuovo ECAT (il Centro europeo per lo studio degli algoritmi), lanciato nel 2022 a Siviglia, oltre che dell’Europol, l’agenzia di polizia comunitaria, al fine di perseguire i reati online, prevedendo di lavorare in futuro con una ricca rete di centri studi, ricercatori e professionisti dei media.
Un’altra accusa indirizzata ai provvedimenti era quella di attentare alla libertà di espressione: in realtà, la lotta contro i contenuti dannosi e illegali tutelerà particolarmente proprio la libertà di espressione e di parola, limitando le decisioni arbitrarie di moderazione dei giganti del web, offrendo agli utenti nuove modalità di azione nei confronti degli stessi.
La vera sfida consisterà nella ricerca dell’equilibrio – da parte del regolatore – tra la verifica dell’attuazione delle regole dei soggetti coinvolti e la tutela degli investimenti nei servizi online delle imprese, senza inficiarne il potenziale innovativo. Così facendo i regolamenti riusciranno a ridurre la distanza che esiste tra piattaforme e utenti, generando un framework condiviso di maggiore fiducia e consapevolezza reciproca, anche grazie ai soggetti che agiranno da intermediari.
