Digitale: L’Intelligenza Artificiale arriva anche nell’arte

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Stephen King ha recentemente affermato che l’intelligenza artificiale non può sostituire la creatività, non può avere un’intuizione o una rivelazione. Alle condizioni attuali è certamente vero, ma poter ascoltare Frank Sinatra cantare i Radiohead in un modo così realistico, per me è bellezza. Un grande tema attuale è se l’intelligenza artificiale va davvero tenuta completamente al di fuori dall’arte o se può avere invece un suo spazio. E qualora noi non volessimo davvero chiamarla arte, può nascere una nuova parola per descrivere la tecnologia che imita l’arte o che addirittura la crea?

L’arte può essere tale anche se nasce da un algoritmo oppure essa è per definizione non programmabile, spontanea? A me piace molto la frase di una canzone: “Nulla porta ipocrisia più della poesia che appena dici di farla già non la stai facendo più”. Ma sarà vero per sempre? AI ha potenzialmente la capacità di farci essere tutto ciò che non siamo stati, può essere la nostra retrospezione in un mondo passato o una trasposizione nel futuro e al tempo stesso non essere nulla. Le canzoni non sono state effettivamente cantate o vissute, essendo la riprogrammazione di una voce campionata, eppure esistono e l’artista vivrà la contraddizione di essere stato per secoli il mestiere di chi sceglieva di essere libero per ritrovarsi da un giorno all’altro a perdere ogni sovranità di se stesso e della sua voce. È un mondo dove il contemplatore di arte da ordine all’artista.

AI perciò quando è incaricata di creare arte lo fa in un modo infinitamente realistico, bello, può esaltare o farci provare nostalgia, addirittura ci emoziona, però la meraviglia dell’arte che AI produce diventa una condanna dell’artista. Cosa sceglieremo? Accetteremo la strada dell’arte super artificiale e le sue conseguenze o possiamo permetterci di opporci all’evoluzione? L’arte diventa il pretesto per aprire questa discussione sul futuro.