Ognuno ha un’opinione, di regola sbagliata. Ma come dicono gli psicologi cognitivi come specie noi preferiamo comprare opinioni sbagliate ma rassicuranti, che fatti o verità sconvenienti. Queste inclinazioni ci vengono dalla nostra storia evolutiva, una strategia che ci ha fatto sopravvivere negli oltre centomila anni di preistoria. Così se qualcuno dice che il digiuno intermittente (16/8) fa dimagrire, portando come unica prova se stesso e qualche studio di conferma piuttosto che di confutazione, possiamo essere disposti a crederci, è facile che ci si creda. Soprattutto per come viene detto e chi lo dice, senza portare prove ma con modi efficaci. Se io avessi detto che non mangio mai a pranzo (come fa anche il professor Garattini peraltro) e questo mi consente di essere efficiente per l’intero pomeriggio, dubito che la pratica si sarebbe diffusa come un meme. Ora che uno studio controllato avrebbe trovato che le persone che fanno il digiuno intermittente sono più a rischio di danni sul lungo periodo, a carico di malattie in corso, come cancro o cardiopatie, vedremo quali reazioni ci saranno, quali forme di negazionismo.
Il caso in questione e simili, gli psicologi l’hanno studiato a fondo tra gli scienziati. Si chiama ragionamento motivato. Le persone ragionano e cercano appigli per difendere una cosa in cui vogliono credere, può essere il digiuno intermittente ma anche la negazione del riscaldamento climatico o l’utilità di regolare la vendita di armi. Lo pratichiamo anche noi che non siamo scienziati, ma siamo portati a pensare che gli scienziati siano coloro le cui decisioni meno dipendono dalle opinioni e più dai fatti. Di frequente è così. Ma 6 o 7 premi Nobel credevano allo spiritismo, negavano che l’HIV fosse causa dell’AIDS, coltivavano teorie parapsicologiche. Quindi, fidiamoci delle prove e della logica o della statistica, ma non delle persone.
Anche le comparsate televisive di scienziati ed esperti durante la pandemia di Covid-19 non hanno gran che ispirato fiducia sul profilo etico di molti di costoro. Le società complesse producono più benessere, salute e libertà perché riescono con relativo successo a neutralizzare gli effetti delle opinioni e valorizzano i fatti. Le opinioni o falsità non sono errori, ma quello che preferiamo. Un celebre predicatore inglese di metà Ottocento diceva che mentre la verità allaccia le scarpe, opinioni e bugie fanno il giro del mondo. Sarebbe da idealisti però aspettarsi che i giudizi di esperti e scienziati, controllati, godano di un sicuro vantaggio nello stratificarsi come pontili su cui erigere conoscenza e libertà. Siamo legni storti diceva Kant. E lo era anche lui, che vuol dire molto.
La storia del mondo liberale e della scienza ha ridotto significativamente per diversi decenni la circolazione falsità in diversi media. Perché era nell’interesse e nelle aspettative economiche e sociali. Con i social media siamo tornati al mondo tribale. Certo, per chi abita in paesi a basso tasso di analfabetismo funzionale (in Italia oltre 50% ne è colpito) o dove si viene educati da una religione che non premia in familismo amorale, come il cattolicesimo, ma le virtù civiche, come il protestantesimo, qualcosa di meglio si vede. Ma ogni contesto sociale ha i suoi problemi. Le opinioni non sono necessariamente bugie, ma cose nelle quali si crede senza averne alcuna prova. In alcuni ambiti – come il comportamento alimentare, migliorare prestazioni sportive o sessuali, incrementare le capacità cognitive – circola un numero straordinario di opinioni, insieme a vere e proprie falsità. A tutti noi tocca navigare ogni giorno in questo mare tempestoso di “narrazioni” provando a trovare con gli strumenti della logica e della scienza un approdo sicuro.
