I numeri sono impietosi e ci dimostrano che ancora un altro anno è trascorso senza che quella svolta culturale di cui tanto si è parlato, e si continua a parlare, si sia di fatto compiuta. Venerdì si celebrerà la giornata contro la violenza sulle donne, ennesima occasione per un bilancio che non salva nessuno: non salva chi cede alla cultura della violenza, non salva chi propone nuove leggi per contrastare un fenomeno che potrebbe essere fronteggiato con le leggi già esistenti, non salva chi tra magistratura e forze dell’ordine appare ancora non adeguatamente preparato a cogliere le spie del fenomeno e capire come intervenire in maniera tempestiva ed efficace, non salva la politica che ne approfitta per fare propaganda populista più che fatti.
I numeri, dicevamo, sono impietosi non solo se li si guarda con riferimento alle vittime della violenza di genere (donne ma anche spesso i bambini costretti ad assistere, quando non a loro volta a subire, le violenze che si consumano all’interno delle mura domestiche) ma anche se li si guarda dalla prospettiva della possibile soluzione, e cioè dei centri antiviolenza, primo e finora vero avamposto nella lotta alla violenza sulle donne. Dovrebbero avere finanziamenti regolari, dovrebbero ottenere più fondi, dovrebbero essere più numerosi su ciascun territorio e invece sono in costante sofferenza e diffusi ancora a macchia di leopardo. Basti pensare che in tutta la Campania fino allo scorso anno si contavano 49 centri, pari a circa 0,15 ogni 10mila donne residenti e a circa 1,51 ogni 10mila donne vittime di violenza, mentre solo 15 case rifugio, pari a 0,05 ogni 10mila donne residenti e a 0,50 ogni 10mila donne vittime di violenza. E intanto il fenomeno aumenta: dall’inizio del 2022 si sono contati 78 femminicidio in tutta Italia, otto in Campania, e la media dei gravi casi di violenza sulle donne è di uno ogni quattro giorni.
