Salvini, si sa, è altra la storia, è vero però che, come illustra Ugo Maria Tassinari nel volume Fascisteria (Sperling & Kupfer) vi sono numerosi punti di contatto e collisione tra Lega e destra neofascista identitaria, altrettanto vero però, pensando agli esordi, ai prodromi del “Roma ladrona!”, che i suoi uomini e le sue donne vanno immaginati in calzamaglia verde e gonna afro-tirolese, tra Robin Hood degno del sarcasmo di un Mel Books, l’elmo vichingo, lo spadone di Highlander e molto altro trovarobato. E qui non possiamo non pensare a certi nostri parenti, perfino meridionali, emigrati lassù, quelli che pronunciano “… i danè! I danè!!!!” perfino loro approdati al leghismo rezzista, e ancora Bossi, e l’ampolla col l’acqua del dio Po, e perfino i carri armati accroccati dal carrozziere sotto casa per farne catapulte e mezzi d’assalto, panzer di Mira, quelli che una notte apparvero in piazza San Marco con l’intento di dare vita a un’ipotetica Repubblica veneta con tanto di “gauleiter” in abito da artigliere gondoliere. Infine, con Salvini, la trasformazione del guazzabuglio localistico in partito “nazionale”, con quel “prima gli italiani”. Speculare, e qui viene il bello e il problematico, cioè il possibile attrito condominiale, a quel “Io sono Giorgia, sono una madre sono cristiana sono italiana”. Quindi, come nelle regate storiche adesso c’è da immaginarli appaiati, ai blocchi di partenza. Che ingenuo Salvini a pensare che bastasse la tracotanza per avere davvero ragione della scorza dura del Palazzo, così mentre l’altra, Meloni, pur sentendosi certa che nel cuore degli italiani il fascismo è sempre vivo, luce perpetua, apprende i rudimenti della realpolitik democristiana, ministeriale, come dire, post-andreottiana, in attesa del sorpasso, cercando di non finire come Tambroni. Dell’antico cuore fascista nazionale abbiamo detto, così come dell’estremismo salviniano, compresa l’assenza di un respiro ampio, necessario, anzi, fiato, per andare oltre un certo risultato, e qui viene in mente una battuta ascoltata ieri in una pellicola di Lina Wertmuller, Film d’amore d’anarchia, dove l’ex squadrista picchiatore lamenta che il fascismo, fattosi regime, ha dovuto mettere da parte il peggio violento di sé; ecco, parole che si attagliano alla possibilità che Giorgia Meloni sogni lo scranno più alto del governo, chi l’avrebbe mai detto al tempo del bomberino nero e megafono per vociare contro il “mondialismo”? Sarà veri che il sole libero e giocondo sembra comunque sorgere per lei, ma soprattutto chi gliela porta questa notizia al Capitano?
È Giorgia Meloni la principale antagonista di Matteo Salvini
