Lo scontro verbale a distanza tra Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, e Stefano Bonaccini, presidente del Partito democratico, è solo l’ultimo capitolo di una “saga” nei rapporti tra ebrei e sinistra in Italia: ormai è datata e deve la sua genesi alla scelta di campo panaraba dell’Unione Sovietica nel 1967, con il conseguente matrimonio tra la causa palestinese e le sinistre del nostro continente dopo la Guerra dei sei giorni. Fu in quel periodo che si consumò il divorzio drammatico tra le sinistre e i “suoi” ebrei.
In molti nel mondo ebraico militavano ideologicamente a sinistra. Una sinistra che a sua volta abbandonò gli ebrei europei al loro destino sul conflitto mediorientale, chiedendo loro a più riprese di prendere le distanze dallo Stato di Israele e dalle sue politiche. Lo sfogo di Meghnagi è la cartina tornasole dello stato d’animo di una grande parte della collettività ebraica che si sente di nuovo abbandonata. Tradita da chi chiede l’esclusione degli atleti di Israele di qualsiasi sport e da qualsiasi competizione mondiale, come i 44 parlamentari Pd che hanno firmato un appello per il boicottaggio. Tradita da chi invita l’arbitro più parziale e fazioso sul conflitto tra Israele e Hamas, Francesca Albanese, a parlare nelle aule istituzionali. Tradita dalla segretaria dem Elly Schlein, che più volte ha partecipato a cortei e manifestazioni dove lo slogan ripetuto e ossessivo era “Palestina libera dal fiume al mare”. E intanto il sindaco Pd di Bari, Vito Leccese, che già si era distinto per la consegna delle chiavi della città ad Albanese, suggerisce all’ente fieristico di non permettere a Israele di partecipare alla Fiera del Levante. E l’ente esegue.
La replica stizzita di Bonaccini alle parole del presidente della comunità di Milano denota il riflesso condizionato della sinistra e del suo più grande partito di riferimento sulla “questione ebraica”. Vengono citati i Viaggi della Memoria, le commemorazioni del 27 gennaio, si sottolinea la partecipazione al ricordo della Shoah. Ma il punto di rottura è esattamente questo. Si pensa agli ebrei morti e si abbandonano gli ebrei vivi e quelli assassinati e rapiti il 7 ottobre 2023. I prossimi viaggi il Pd dovrebbe organizzarli nei luoghi dell’eccidio di Hamas, al Nova Festival, nei kibbutzim israeliani assaltati, lì dove si è consumata la più grande strage di ebrei dopo la Seconda guerra mondiale. In quei siti, vedendo le rovine di quei posti ora in ricostruzione, osservando i volti e conoscendo le storie dei giovani sterminati, violentati, decapitati e seviziati dalla ferocia nazista islamista, forse le coscienze democratiche tornerebbero ad essere un pochino più equilibrate e serene nelle analisi e nei giudizi.
Osservando i video degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas e ridotti allo stremo, con la stessa attenzione riservata alle immagini della devastazione di Gaza, forse anche nelle anime democratiche si risveglierebbe un senso di equanimità dall’attuale letargo della ragione. Probabilmente si arriverebbe a comprendere che quella “lavatrice delle coscienze” rappresentata dal 27 gennaio non basta più per rinsaldare i rapporti con una comunità delusa. Anche nel rispetto del nome che porta, il Partito democratico dovrebbe essere lontano anni luce da chi parteggia per i fondamentalisti islamisti e li considera un movimento politico capace di costruire scuole e ospedali. E il riferimento ad Albanese è puramente voluto. Anche Mussolini bonificava l’Agro Pontino e lanciava politiche di welfare, ma intanto promulgava le leggi razziali e si alleava con Hitler divenendo complice della Shoah. Hamas va condannato e messo alle strette con i fatti, non con le parole.
