Restano ancora molti punti da chiarire sulla tragica morte di Elena Del Pozzo, la bambina di 4 anni trovata senza vita martedì mattina in un terreno incolto di Mascalucia (Catania), a 600 metri dall’abitazione in cui viveva assieme alla madre. Quest’ultima, la 24enne Martina Patti, è da ieri in isolamento nel carcere catanese di Piazza Lanza, accusata di omicidio premeditato pluriaggravato e occultamento di cadavere e sottoposta a un decreto di fermo di indiziato di delitto.
Eppure gli interrogativi sul caso restano, ancora irrisolti. A partire da luogo dal delitto. L’avvocato della donna, Gabriele Celesti, prima di entrare al Palazzo di Giustizia spiega ai cronisti che la sua assistita “ha detto di avere ucciso la figlia sul luogo del ritrovamento”.
Per il capitano dei carabinieri Salvatore Mancuso, del comando provinciale di Catania, proprio il luogo in cui la 24enne ha ucciso la figlia resta invece un rebus. Mancuso parlando ai giornalisti a margine di un sopralluogo a Mascalucia spiega che tra i punti da chiarire c’è proprio “il luogo del delitto”.
L’appartamento di Martina Patti è stato sottoposto a sequestro già nella giornata di ieri, mentre nei prossimi giorni sono attesi accertamenti tecnico-scientifici al suo interno: proprio nell’abitazione Patti ha indicato il luogo in cui era stato nascosto e parzialmente occultato il cadavere della figlia, eppure tracce di sangue non erano state trovate.
Altro punto da chiarire, ha spiegato ancora Mancuso, riguarda “l’eventuale responsabilità di altre persone o nella commissione dell’omicidio o nell’occultamento del cadavere. Abbiamo fatto verifiche su tutti i familiari stretti, ma al momento non si sono evidenziate anomalie“.
Una questione non di poco conto. L’interrogativo per carabinieri e inquirenti è capire se la giovane mamma abbia ricevuto aiuti nel realizzare l’omicidio della figlia, che sarebbe stata uccisa presumibilmente con un coltello da cucina, date le ferite compatibili trovate sul suo corpo. Martina ha realmente trasportato da sola il corpo della figlia fino al campo in cui l’ha parzialmente occultata, dentro cinque sacchi neri?
Quindi la questione dell’arma. Per l’avvocato difensore “sembrerebbe sia stato un coltello”, tesi confermata già ieri nella conferenza stampa tenuta dai carabinieri del Comando Provinciale di Catania. Al momento però il coltello non è stato trovato.
Intanto sul fronte della difesa della donna, il legale Gabriele Cesti ha spiegato che Carmela Patti verrà vistata “da uno specialista di mia fiducia per verificare se vi siano profili di rilevanza psichiatrica che possano aver agito sul fatto, poi, in seguito, valuterò se fare richiesta di perizia psichiatrica”.
La 24enne rinchiusa in carcere e sorvegliata 24 ore su 24 per il timore di gesti estremi, continua l’avvocato, è “una donna stravolta, sta prendendo consapevolezza solo adesso di aver sconvolto, con il suo gesto, non solo la sua stessa vita ma anche la vita del padre della bambina e di tutti i suoi familiari”.
Quanto al possibile movente del gesto, che secondo una parziale ricostruzione degli investigatori (non confermata dalla donna) sarebbe imputabile alla gelosia provata nei confronti dell’ex compagno e della sua nuova fidanzata, e dal timore che Elena potesse legare sempre più con la nuova fidanzata del padre, Gabrieli spiega che “al momento non c’è certezza. “Si abbina alla contestazione della premeditazione. È tutto ancora da accertare. A mio avviso però non è detto che, se fosse stato realmente questo, magari sia da considerarsi come elemento esclusivo“, sottolinea l’avvocato.
Intanto nel campo in cui la bimba è stata uccisa iniziano ad accumularsi fiori, qualche giocattolo, biglietti d’addio. “Non so perché la tua mamma ha deciso di farti questo. Anch’io sono mamma e amo mia figlia più di qualsiasi cosa al mondo – recita uno – Non pensare che non ti abbia amato perché andare via con questo ricordo è terribile. Non si può perdonare ma si può cercare di capire che malgrado tutto sei stata amata“.
