Il presidente turco Erdoğan non sembra bleffare e si dice pronto ad inviare sue forze militari a Tripoli per consentire al governo di accordo nazionale (gna) riconosciuto dall’Onu di Fayez al-Sarraj di difendersi dal suo nemico, il generale Kalifa Haftar dell’Esercito nazionale libico (Lna), che minaccia un’offensiva finale su Tripoli. E giovedì il governo libico di al Sarraj ha accettato l’offerta di sostegno militare e logistico da parte della Turchia.L’annuncio di Erdoğan ha fatto seguito a un protocollo d’intesa firmato da Ankara e Tripoli sui confini delle rispettive Zone economiche esclusive (Zee) nel Mediterraneo orientale.
Ankara vuole uscire dall’isolamento della annosa disputa marittima che la oppone a Cipro e Grecia e che la esclude dallo sfruttamento delle risorse energetiche in corso nella regione a seguito di un accordo tra la Repubblica di Cipro, la Grecia, Israele, Giordania, Egitto e Italia stipulato all’inizio di quest’anno per la costruzione di un gasdotto East Med, un collegamento sottomarino tra Cipro e l’isola greca di Creta, per trasportare gas estratto dai giacimenti scoperti nel Mediterraneo orientale ai mercati europei. La Grecia che si vide già nel 1974 minacciata nei suoi interessi marittimi, si è affrettata a dichiarare la nullità dell’accordo presso le Nazioni unite e l’Egitto ha effettuato manovre militari vicino alla costa del Mediterraneo.
Si riaccende dunque una disputa sulle delimitazioni dei confini marittimi tra Turchia, Grecia e Cipro e ciò presenta il rischio di una escalation delle tensioni nell’area. L’attivismo del leader turco nella regione è instancabile e ha preso in consegna l’aeroporto di Geçitkale nella parte settentrionale di Cipro per dispiegare i suoi droni armati Bayraktar Tb2 che accompagneranno le sue navi da perforazione e le sue forze navali nel Mediterraneo orientale. Gli accordi aprono per la Turchia la possibilità di garantirsi i depositi di scisto bituminoso presenti nel Mar Mediterraneo e ciò dipende dalla permanenza al potere di al-Sarraj. Ankara continuerà quindi a sostenere il governo di Tripoli perché deve garantire alla sua economia in crisi lo sfruttamento delle risorse energetiche nel Mediterraneo orientale e l’unico suo alleato in questa partita è il leader del Gna. Se al-Sarraj dovesse essere sconfitto la Turchia, già esclusa dal progetto East Med sarebbe anche tagliata fuori dalla possibilità di rivendicare suoi diritti assieme a quelli dei turco-ciprioti. Ecco perché Ankara è costretta a difendere in tutti i modi il suo alleato al-Sarraj.
Erdoğan e Putin si incontreranno a İstanbul agli inizi del nuovo anno, per discutere soprattutto di Libia e di Siria. E intanto la Turchia ha inviato una delegazione senior in Russia per accelerare i colloqui sulla Libia, per puntare a chiudere al più presto un accordo con Putin sulla Libia, garantire per la provincia siriana di Idlib una soluzione che la tuteli dal nuovo massiccio afflusso di rifugiati che premono ai suoi confini e a passare alla 3ª fase dell’operazione militare nel nordest della Siria. Nel secondo Memorandum Turchia-Libia spunta un elemento imprevisto: la creazione di una Forza di reazione rapida (Qrf) con compiti militari e di polizia. Potrebbe essere questa forza il contraltare alla presenza della Wagner Group russa. Di questa iniziativa sono noti solo pochissimi dettagli, ma sembra che si tratti di una forza congiunta di milizie di Tripoli e del Sadat turco per contrastare l’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar.
Le Sadat (UluslararasıSavunmaDanışmanlığı), ufficialmente sono una compagnia internazionale turca che fornisce consulenza nel settore della difesa e dell’educazione militare in Turchia, ma molti osservatori ritengono che si tratterebbe di una forza di polizia militare privata simile a quella dei contractors russi del gruppo Wagner e che viene impiegata dalla Turchia in Siria per l’addestramento delle milizie ribelli e che già ora addestrerebbero le milizie anti Haftar in Libia, seppur in numero limitato. Ankara e Mosca dunque starebbero creando le condizioni per poter assurgere a un ruolo da mediatori di un processo di stabilizzazione. È da tener presente che Turchia e Russia sono solo apparentemente schierate su fronti opposti e dunque potrebbero giungere ad un accordo simile a quello di Astana in Siria per cooperare per la stabilizzazione della Libia e spartirsi le aree di influenza.
Mosca infatti mantiene contemporaneamente legami con Tripoli, in particolare attraverso contratti stipulati a dicembre tra compagnie petrolifere e del gas russe con la National oil corporation libica. È noto che la russa Tatneft condurrà esplorazioni petrolifere in un’area contesa nel bacino di Ghadames che confina con aree controllate sia dall’Lna (Esercito nazionale libico) che dal Gna (Governo di accordo nazionale). Questo contratto riflette il desiderio della Russia di preservare le relazioni con entrambe le parti in guerra, poiché tali operazioni di ricerca idrocarburi non potrebbero essere realizzate senza le necessarie garanzie di sicurezza. Dunque mentre in Siria Mosca è schierata apertamente per Başar al-Asad, in Libia il suo sostegno ad Haftar non è così netto, sostiene che il Gruppo Wagner è lì solo per ruoli di consulenza e assistenza, e non per combattere.
La Russia sarebbe aperta dunque a una possibile collaborazione anche con al-Sarraj. Quella con Haftar è semplicemente un’alleanza transazionale, fondata cioè su una collaborazione che si determina pragmaticamente. E dunque è probabile che Mosca e Ankara trovino punti d’accordo su alcune questioni presenti nelle loro agende come la questione spinosa di Idlib nel nordovest della Siria, ancora in gran parte nelle mani delle milizie vicine ad al-Qaida di HayatTahrir al-Sham e dove Ankara sostiene i ribelli suoi alleati ed è presente con 12 postazioni militari per garantirne la smilitarizzazione in base all’accordo di Sochi con la Russia firmato nel settembre 2018.
