Erdoğan, escluso dai volenterosi, ricorre alla “diplomazia telefonica”. La Turchia vuole relazioni solide con la Russia

FILE - Turkish President Recep Tayyip Erdogan gestures during a press conference after the plenary session at the NATO summit in The Hague, Netherlands, on June 25, 2025. (AP Photo/Markus Schreiber, File)

Erdoğan ricorre alla “diplomazia telefonica” dopo l’esclusione della Turchia dal vertice di Washington. In poche ore ha conversato con il ministro degli Esteri russo Lavrov, il primo ministro olandese Schoof, con il presidente francese Macron e con il leader russo Putin.
Il governo turco non ha per nulla apprezzato la scelta di Trump di ignorare Ankara nei colloqui con i Paesi europei su come porre fine alla guerra in Ucraina. Intanto, Putin ha rassicurato il suo amico Erdoğan sull’importanza dei colloqui preparatori di Istanbul, che spera possano essere ripresi. Lo Zar ha auspicato che sia tenuto aperto il dialogo per il rafforzamento delle relazioni bilaterali e che sia garantito l’ampliamento dello scambio commerciale.

Le garanzie di sicurezza

Al momento Erdoğan ha scelto di rimanere in silenzio riguardo alla sua esclusione da parte dei leader europei e di Trump dalla Cosiddetta coalizione dei volenterosi. Sa che il tempo gioca dalla sua parte perché le questioni fondamentali, come quella dei territori occupati da Mosca e quella delle necessarie e ferree misure di sicurezza per l’Ucraina, sono lontane dall’essere affrontate ed è convinto che difficilmente, senza la mediazione della Turchia, questi fattori cruciali potranno fare passi avanti. Erdoğan avrebbe voluto far parte della delegazione alla Casa Bianca e ora spera che la visita a Washington, annullata lo scorso maggio, venga riprogrammata per fine settembre. Zelensky ha indicato la Turchia, la Svizzera o l’Austria come possibili sedi per un incontro con Putin, sottolineando che i colloqui potrebbero svolgersi in formato trilaterale con il presidente degli Stati Uniti e che è al lavoro per giungere entro sette-dieci giorni a un’intesa con i Paesi europei e con Ankara sull’architettura delle garanzie di sicurezza.

In questi anni ha cercato spesso la sponda turca per assicurarsi quelle garanzie di sicurezza necessarie in un eventuale negoziato, compresa la necessità dell’invio di forze di mantenimento della pace alle quali Ankara ha mostrato la volontà di partecipare. I due alleati e vicini del Mar Nero hanno ribadito in ogni occasione la necessità del rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Zelensky vede nella Turchia un attore molto più affidabile di tanti Paesi europei e crede che, in un eventuale negoziato, Ankara, abbia leve maggiori da giocare nei confronti di Putin rispetto a quelle dei litigiosi e timidi Paesi europei. Non è un caso se abbia chiesto espressamente a Erdoğan, anche recentemente, di partecipare all’invio di forze di mantenimento della pace. Molte delle paure che hanno i paesi della Nato, dell’est europeo e del Mar Nero, in materia di sicurezza, sono condivise pienamente anche da Ankara. Un cambio di assetto in quelle acque, un cambio dei confini dell’Ucraina a vantaggio di Mosca sarebbero da scongiurare per la Turchia. L’espansione russa, sin dal XVIII secolo ha sempre rappresentato una minaccia per la Sublime Porta.

L’annessione della Crimea, il controllo di aree più ampie di quel mare oscuro sono state fortemente avversate da Ankara, che tiene molto alle minoranze turcofone in Crimea e nel Caucaso e teme l’aggressione della Russia alla Georgia e alla Moldavia. Per dirla semplicemente, Ankara ha cercato e cercherà di non permettere a Kyiv di cadere sotto il controllo di Mosca, a tal fine continuerà a sostenere militarmente l’Ucraina e continuerà a farlo finché infurierà la guerra. Ciò è radicato nella percezione turca dell’Ucraina, vista come prezioso alleato nell’equilibrio di potere intorno alla “Porta dei mari caldi”. Aggiungiamo che uno dei sogni geostrategici di Erdoğan è quello di consolidare la sua influenza nell’Europa orientale e anche per questo tiene ad avere nell’orbita turca Kyiv, con la quale già ha stretto una partnership strategica molto forte, soprattutto nel settore militare.

Per questo Ankara è vista con sospetto da Mosca, tuttavia la loro stretta reciproca dipendenza economico-commerciale ed energetiche e il rifiuto della Turchia di applicare alla Russia le sanzioni occidentali hanno convinto il Cremlino dell’utilità di preservare un rapporto di tipo transazionale. Ankara ha ribadito a Zelensky che è pronta a schierare una sua forza di mantenimento della pace in Ucraina a supporto di altri contingenti e che tale missione dovrebbe includere soltanto paesi che sono rimasti neutrali durante la guerra. La posizione di Ankara differisce da quella di molti alleati europei. La Turchia, infatti, tiene a mantenere relazioni solide con la Russia, senza negare il proprio apporto alle garanzie di sicurezza di Kyiv e alla sicurezza del Mar Nero. Ritiene di poter convincere il Cremlino ad accettare la presenza militare turca lungo la linea di confine stabilita da un eventuale trattato di pace, rassicurandolo che ciò avverrebbe in un quadro non Nato, come già avviene nel Caucaso meridionale.