Ex Ilva, il centro siderurgico di Taranto si avvia verso un irriversibile fallimento

GIANCARLO QUARANTA NUOVO COMMISSARIO EX ILVA ADOLFO URSO MINISTRO DELLE IMPRESE E DEL MADE IN ITALY

Quando subentrò, al Ministro dello Sviluppo Economico Calenda, Luigi Di Maio iniziò praticamente la fine dell’impianto siderurgico di Taranto. Aver rivisto il contratto firmato da Calenda con la Società Arcelor Mittal creò in realtà le condizioni per l’avvio di un contenzioso che è praticamente esploso successivamente in modo irreversibile a valle della proposta, sempre del Movimento 5 Stelle, di annullare il famoso “scudo penale”. Una proposta, preciso, avanzata dalla Senatrice Lezzi ed approvata.

Poi ci sono, sempre dal 2018 in poi, le varie sceneggiate tra il Governo Conte ed il Sindacato, sceneggiate diventate davvero improponibili come quella in cui il Presidente del Consiglio, in un incontro al centro siderurgico di Taranto, chiese agli operai dell’ex ILVA consigli per rilanciare l’impianto; in proposito le dichiarazioni del Segretario della UILM Palombella in cui denunciò in modo pesante la superficialità e la irresponsabilità del Governo e, soprattutto la sottovalutazione della crisi che, giorno dopo giorno, stava diventando irreversibile.
Vere e davvero kafkiane sceneggiate che ci hanno portato oggi, dopo circa sette anni dalla decisione di Luigi Di Maio prima richiamata, alla vigilia della chiusura del centro siderurgico.

In questi sette anni è stato più volte ricordato che non era possibile affidare la gestione dell’impianto senza prima reinventarlo, senza prima garantirne l’abbattimento delle soglie di inquinamento, senza prima riqualificare e sanare socialmente l’intero habitat tarantino. Sempre in questi sette anni, con una caparbia azione sistematica, sono state indicate due condizioni chiave: un investimento a carico dello Stato di 5,2 miliardi di euro da garantire nel prossimo triennio e da inserire nella redigenda Legge di Stabilità; un’apposita norma (una “Legge Taranto”) per la istituzione di una speciale “cassa integrazione guadagni” per almeno un triennio).

Senza dubbio il Piano prodotto nell’ultimo biennio dai tre Commissari si muove seguendo una linea strategica corretta ma il Governo insegue sempre il ricorso alla gestione di privati e, al tempo stesso, assicura risorse non superiori alla soglia di 200 – 300 milioni di euro, cioè il Governo confida nel fattore “futuro”, cioè nella possibilità che qualcuno, chissà con quale carica altruistica, sia disposto a salvare un impianto che, allo stato, non garantisce alcuna evoluzione positiva.

Ora sembra quasi che gli schieramenti politici opposti all’attuale maggioranza di Governo seguano una linea strategica davvero insidiosa: nessuna azione rilevante di denuncia nei confronti del Governo, nessuna richiesta urgente al Sindacato per una forte ed incisiva mobilitazione, nessuna denuncia forte sul rischio ormai concreto di un vero fallimento, nessuna denuncia di ciò che più volte ho chiamato la più grande “bomba sociale” del Paese dal dopo guerra (25.000 lavoratori privi di occupazione). Ebbene, questa assenza, questa atarassia mediatica è pronta ad esplodere fra quattro, cinque mesi, cioè praticamente nell’ultimo anno della Legislatura.

L’attuale maggioranza dirà che questo fallimento e questa grave tragedia sociale è frutto del Movimento 5 Stelle ma nel nostro Paese la memoria storica è corta e quindi la Premier Meloni farebbe bene ad avocare a sé questa emergenza, ad evocare a sé le azioni necessarie per evitare che l’attuale opposizione cavalchi, al momento giusto, una grave emergenza Paese; d’altra parte sul siderurgico di Taranto sono coinvolte le competenze di almeno quattro Dicasteri: Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Ministero delle imprese e del made in Italy, Ministero dell’Ambiente, Ministero dell’Economia e delle Finanze. In realtà di fronte a tale grave emergenza occorre una governance unica e questa può esistere solo all’interno della Presidenza del Consiglio.