Il teorema gira vorticosamente nei salotti della Capitale tra flute di Franciacorta e vassoi di salatini. “Signora mia, si sono presi anche la Rai”. L’ultima pistola fumante è stato il collegamento di pochi minuti durante la puntata inaugurale di Domenica In. La gravissima “interferenza” di Giorgia Meloni è stata quella di sostenere la candidatura della Cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. La premier ha anche risposto a una di quelle domande in grado di sballare i fragilissimi equilibri di Saxa Rubra: “Che ricordi ha delle sue domeniche a tavola”? Sono seguite giornate di polemiche virulentissime, con Elly Schlein che non ha perso la (ghiotta) occasione di infilzare: “Oggi ci spiega su Rai 1, la ammiraglia della sua TeleMeloni, quali pasticcini preferisce mangiare. Il tutto mentre Canada, Regno Unito e Australia annunciano il riconoscimento dello Stato di Palestina”.
Suvvia, un po’ di serietà, reclama il Nazareno, che vorrebbe dedicare tutto il palinsesto della rete pubblica al mainstream con la kefiah preferito dai salotti romani. Insomma, la presidente la smetta di monopolizzare la Rai con le “pastarelle”. Una che ha preso sul serio i desiderata della segretaria dem (e dei suoi colleghi del campo largo) è l’inviata del Tg3 Lucia Goracci. Che, durante il collegamento, si è detta sicura: “Le notizie di bambini israeliani arsi vivi dai terroristi di Hamas durante l’attacco del 7 ottobre sono delle fake news”. E dire che la terribile documentazione è ormai di dominio pubblico. Possibile che un’importante giornalista che ha seguito per vent’anni i principali conflitti non ne sia a conoscenza? E che bolli come fake news una verità oggettiva?
L’intemerata è balzata agli occhi del capogruppo in Senato di Forza Italia, Maurizio Gasparri: “La Goracci si vergogni”. Immediata la reazione del Cdr del Tg3: “È una giornalista che da anni racconta con passione, professionalità e onestà una parte di mondo complessa come quella del Medio Oriente”. Alla santificazione dell’inviata che racconta fake news si aggiunge Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti: “Un’accusa ingiustificata”. Reagisce il senatore di FdI, Giulio Terzi: “Questa è la Rai, il servizio pubblico in mano a giornalisti megafono della propaganda dei terroristi di Hamas”. “Perché Lucia Goracci arriva a dire questo nel servizio da Israele? Per dire che in fondo non è poi così orrendo quello che ha fatto Hamas agli ebrei il 7 ottobre?”, si chiede l’associazione Setteottobre.
Un caso isolato? Non sembra. Pure per il 7 ottobre, secondo anniversario del pogrom che ha colpito centinaia di vittime civili in Israele, la televisione pubblica aveva partorito la non brillantissima idea di mandare in onda “No Other Land”. Il documentario, vincitore dell’Oscar, racconta le storie di resistenza dei palestinesi in Cisgiordania. Un messaggio neanche tanto subliminale: “Gli invasori se lo sono meritati”. Anche in questo caso il “teorema” è tornato a rimbalzare: una “manina” ha suggerito ad Adriano De Maio, direttore cinema e serie tv della Rai, di cambiare palinsesto. Con grande clamore del Fatto Quotidiano: “La notizia ha generato rabbia e costernazione tra i dipendenti degli uffici Rai dedicati”. Naturalmente si scatena il M5S: “È una farsa indegna, come il rinvio di No Other Land dopo una telefonata di qualche politico di cui ancora non si sa il nome”.
Il predominio sul palinsesto si manifesta anche su un altro tema: stasera in prima serata – sempre su Rai 3 – andrà in onda il film “Open Arms, la legge del mare”. In pratica, la storia ribaltata, almeno rispetto al processo che ha assolto l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Indignata la Lega, che contesta aspramente i vertici Rai. “Stupisce che una realtà del genere abbia ricevuto così tanto spazio”, afferma la deputata Simonetta Matone. Già, perché il film in questione, secondo i dati diffusi da Cinetel, non ha fatto impazzire il pubblico nelle sale: “14.110 presenze per 70.533 euro di incassi”.
Roberto Marti, presidente della Commissione Cultura di Palazzo Madama, spiega: “Vogliamo sia fatta luce sulle scelte editoriali e di marketing di un’azienda che ha come scopo istitutivo il servizio pubblico”. Lo stallo invece prosegue (da quasi un anno) nella Commissione bicamerale di Vigilanza: non si riesce ad eleggere il presidente della Rai. Quasi tramontate le speranze di Simona Agnes, indicata come nuovo presidente del Cda dal centrodestra, ma che deve ricevere il parere vincolante della Vigilanza. Così l’interim, in qualità di consigliere anziano, è passato ad Antonio Marano, ex direttore di Rai 2, e nome più che gradito a via Bellerio. TeleMeloni o piuttosto TeleGaza?
