Joaquin Phoenix nel film Napoleon: Bonaparte non fu un “Joker”, la storia è un’altra

Alessandro Manzoni è stato accontentato, l’”ardua sentenza” Ridley Scott pare averla fornita: Napoleone Bonaparte era come Hitler, come Stalin. Prima di pronunciare il nostro personale “bah” bisognerà vedere l’attesissimo film del maestro ottantacinquenne (esce il 23 novembre), già autore di film fondamentali – da Alien a Blade runner, da I duellanti a Thelma e Louise a Il gladiatore – ma reduce da una serie di lavori molto meno riusciti come The last duel. Cimentarsi con uno dei personaggi più grandi della Storia con la “s” maiuscola appare davvero “arduo”, per citare ancora Manzoni, se non altro per il fatto che condensare una roba così complessa in due ore e mezza esclude di per sé il rigore storico in favore dello spettacolo: ma un film è un film, e Scott non è uno che lesina sugli effetti speciali.

Vorremmo qui solo ricordare che in un’operazione simile non riuscì il più grande di tutti, Stanley Kubrick, che dopo aver lavorato per ben trent’anni su un “suo” Napoleone dovette infine gettare la spugna (ma fu un ottimo “allenamento” per regalare al mondo Barry Lyndon). Napoleone, dunque. Figura quanto mai complessa e, come si dice oggi, divisiva – appunto, “fu vera gloria?”, sempre Manzoni: simbolo del primo vero tentativo di portare libertà e civiltà in Europa oppure tiranno innamorato di sé stesso, del potere e del sangue? Da due secoli ci sono letture opposte e non sarà certo Ridley Scott a mettere la parola fine a una discussione che ha attraversato duecento anni di politica mondiale, di letteratura, di storiografia: non ci riuscirono Chateaubriand, Hegel, Marx, non ci riuscirà nemmeno un kolossal d’autore. Ridley Scott pensa questo: “Lo paragono ad Alessandro Magno, Adolf Hitler, Stalin. Ha commesso un sacco di crudeltà. Allo stesso tempo era una figura straordinaria per il suo coraggio, per il suo potere e per il suo dominio. Anche Joaquin Phoenix era intenzionato a sovvertire l’idea di eroismo, di vittoria e la storia di una figura ribelle che scala le classi sociali. Questo è sicuramente qualcosa che volevamo evitare, volevo schivare le convenzioni del film biografico”. Già, Joaquin Phoenix (The Joker) sarà un Bonaparte luciferino imbevuto d’odio e spietato calpestatore dei popoli a dar corpo ad una visione truce in omaggio alla spettacolarizzazione di un personaggio controverso.

Scrisse uno che certo non lo amava ma ne capiva la grandezza e che lo conobbe, Chateaubriand: “Bonaparte era un poeta in azione, un genio immenso nella guerra, una mente instancabile, abile e sensata nell’amministrazione, un legislatore laborioso e ragionevole. È per questo che colpisce tanto la fantasia dei popoli e ha tanta autorità nel giudizio degli uomini positivi. Come politico apparirà però sempre carente agli occhi degli uomini di stato”. Pare un giudizio ancor oggi lungimirante che coglie il genio e al tempo stesso rileva la “carenza politica”, se è vero che il generale córso infine cadde “due volte nella polvere” incapace di compromesso, sempre all’attacco, subordinando troppo spesso la logica della politica a quella della guerra. E che alla fine perse tutto. Ma, figlio della Rivoluzione, cercò a suo modo di esportare la democrazia – diremmo oggi – e di fondare una nuova Europa sotto il segno dell’essenza dei Lumi. Non poco.

Altro che Stalin e Hitler, due criminali malati di mente che sterminarono milioni di persone per le loro personali fobie. Certamente Hegel esagerò: “Ho visto l’Imperatore, quest’ anima del mondo, uscire dalla città per andare in ricognizione. E’ una sensazione meravigliosa vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, si irradia sul mondo e lo domina”, disse vedendolo dopo l’occupazione di Jena. Quello che forse è il massimo studioso italiano di Napoleone, Luigi Mascilli Migliorini, ha scritto che “nel continuum Rivoluzione-età napoleonica nasce l’individuo moderno, un individuo (…) pronto a fare, e dunque a rinominare di sé, la storia”. Il punto è questo: Napoleone “europeo”. Difficile che un regista americano possa avere la sensibilità di andare oltre l’inevitabile patina dell’”uomo d’arme”, cinico e “cattivo” come solo un genio della guerra può essere. Ma Bonaparte non fu un “joker” e c’è da sperare che il buon Joaquin Phoenix abbia capito la differenza. Sarà certamente un film importante ma forse la Storia è un’altra cosa.