Un accordo storico, “un grande giorno per il mondo”, così come lo ha definito il presidente americano Donald Trump. La guerra nella Striscia di Gaza potrebbe finire dopo due anni di sangue, morte e distruzione. Israele e Hamas hanno raggiunto l’accordo nelle prime ore di giovedì 9 ottobre, accettando di fatto la prima fase del piano avanzato nei giorni scorsi da Trump. Prima fase che include un cessate il fuoco e il rilascio di 20 ostaggi israeliani vivi (che dovrebbero tornare a casa entro il prossimo lunedì 13 ottobre) in cambio di circa 1900 prigionieri palestinesi. Accordo che prevede il disarmo finale di Hamas (che resterà in politica…) e il ritiro dell’Idf da gran parte della Striscia eccezion fatta per Rafah, al confine con l’Egitto. Un accordo, quello del piano in 20 punti che Trump ha presentato lo scorso 29 settembre, in cui hanno avuto un ruolo importante, nella mediazione sia Egitto che Qatar che Turchia.
Pace a Gaza, la prima fase del piano di Trump: ostaggi e prigionieri
La prima fase dell’accordo copre, secondo il Qatar, tutte le “disposizioni e i meccanismi per l’attuazione della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza, che porterà alla fine della guerra, al rilascio degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi e all’ingresso degli aiuti umanitari”. Un funzionario della Casa Bianca ha indicato i tempi di attuazione. Alla Cnn ha spiegato che “una volta votato a favore, Israele dovrà ritirarsi sulla linea, il che dovrebbe richiedere meno di 24 ore”. Dopo il ritiro dell’esercito israeliano, nel giro di 72 ore dovrebbe avvenire il rilascio degli ostaggi. I circa 20 ancora vivi torneranno a casa tra domenica e lunedì, successivamente verranno restituiti i corpi dei morti e, in terza fase, seguirà il rilascio dei circa 1900 prigionieri palestinesi. Tra questi non rientreranno quelli coinvolti nel pogrom del 7 ottobre 2023. Giallo anche sul rilascio di Marwan al-Barghouti, uno dei leader palestinesi più popolari.
Gli aiuti umanitari e il ritorno degli sfollati
Almeno 400 camion di aiuti umanitari entreranno nella Striscia di Gaza ogni giorno durante i primi cinque giorni del cessate il fuoco, e questo numero aumenterà nei giorni successivi. Il piano prevede anche “il ritorno immediato degli sfollati dalla Striscia di Gaza meridionale a Gaza City e nel nord”, ha aggiunto il funzionario Usa anche se l’esercito israeliano ha esortato la popolazione a non tentare di tornare in queste aree in questa fase.
Come funziona il ritiro dell’Idf
Il piano-Trump prevede che l’Idf “ritiri le sue truppe secondo la linea concordata” all’interno dell’enclave. L’esercito israeliano ha annunciato che “seguendo le direttive del livello politico e in base alla valutazione della situazione, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno avviato i preparativi operativi in vista dell’attuazione dell’accordo nell’ambito di questo processo, sono in corso i preparativi e un protocollo di combattimento per la prossima transizione verso linee di schieramento modificate. Le Idf continuano a essere schierate nell’area e pronte a qualsiasi sviluppo operativo”. Dal canto suo, Hamas ha invitato “il presidente Trump (e) i paesi garanti dell’accordo (…) a costringere (Israele) a rispettare pienamente le scadenze e a non permettergli di sottrarsi o procrastinare nell’attuazione di quanto concordato”.
I rischi della seconda fase
Il piano-Trump resta pieno di incognite soprattutto per quanto riguarda l’attuazione della seconda fase. I dubbi sono su chi governerà realmente la Striscia e su come funzionerà l’organismo internazionale presieduto dallo stesso presidente Usa e guidato da Tony Blair. Incognite anche sul reale disarmo di Hamas che dovrebbe proseguire esclusivamente la sua “attività politica”, come garantito da Qatar e Turchia. Staremo a vedere.
