Flotilla, la giornalista Francesca Del Vecchio censurata e cacciata dalla barca: ecco cosa succede a bordo

È stato un risveglio amaro per Francesca Del Vecchio, partita per seguire la Flotilla e rimasta invece intrappolata in un meccanismo censorio in cui la storia degli attivisti pro-Pal doveva essere raccontata solo in un modo. Come dettavano loro. Le hanno sequestrato il cellulare, le hanno detto quando e come scrivere i suoi pezzi. Del Vecchio ha cercato come poteva di fare il suo mestiere, ma si è scontrata con un’ideologia illiberale, contro chi predica la libertà ma poi la toglie a chi dovrebbe raccontare la realtà.

Nessun giornalista dovrebbe accettare di raccontare una storia che inizia con una censura. La Stampa ha avuto oggi il coraggio di denunciare quelli che per mesi ha sostenuto. Non erano figli dei fiori, idealisti e pacifisti. Erano attivisti organizzati con gerarchie militari. Un gruppo che accetta il racconto solo se è fatto sotto sostanziale dettatura.

Quello che ha fatto Del Vecchio è stato un atto intellettualmente onesto, come ci si aspetta da un grande giornale. Il re è nudo e altri dovrebbero seguire il suo esempio. Perché tutto quello che leggeremo sulla Flotilla sarà il frutto di quello che La Stampa ci ha raccontato, e non è accettabile. Il meccanismo del racconto a senso unico, della censura, è quello che sta attuando Hamas a Gaza. E il velo sollevato sulla Flotilla dovrebbe farci riflettere su tutto quello che ci è stato raccontato da Gaza in questi due anni. Dovremmo tutti esprimere solidarietà a Francesca Del Vecchio per il vergognoso trattamento subìto. E augurarci che anche da Gaza qualcuno abbia il coraggio di sfidare la censura.