Funerali di Ciriaco De Mita, nella bara le sue carte napoletane

Un mazzo di carte napoletane nella bara di Ciriaco De Mita. Lo ha messo Simona, la più giovane dei quattro figli dell’ex leader della Dc morto due giorni fa all’età di 94 anni. È un gesto che riporta i funerali del politico in una dimensione più intima, a quella sfera di familiarità che accorcia le distanze tra le persone e su cui De Mita aveva costruito la sua forza, il suo potere. Quel potere (politico) fatto di intese, strategie, manovre, lucidità, cultura, accomodamenti. E in questi giorni di racconti e ricordi lo si è sottolineato ampiamente.

Ciriaco De Mita è stato un grande capo della Democrazia cristiana, un protagonista della politica degli anni ’80, della Prima Repubblica. Amato, criticato, criptico, intellettuale, conosceva il valore che nella politica hanno le intese, i “ragionamendi” (con la t trasformata in d dal suo tipico modo di parlare), le relazioni, i consensi, gli equilibri anche quando non sono stabili. La familiarità, dicevamo. Gli aveva consentito di non perdere mai il legame con il suo territorio, e con la gente. Dopo essere stato undici volte parlamentare, tre volte europarlamentare, una volta sottosegretario, una volta presidente del Consiglio, tre volte ministro, dal 2014 era sindaco di Nusco, il piccolo centro dell’alta Irpinia dove era nato e dove aveva scelto di concludere la sua carriera politica. E non è un caso se Nusco è oggi un paese fermo, quasi sospeso. Il suo cittadino più illustre, la persona a cui rivolgersi, oggi non c’è più. Le scuole sono chiuse, la festa del patrono Sant’Amato rimandata, le strade presidiate dalle forze dell’ordine come mai era accaduto.

A villa De Mita, in via Piano, il viavai di politici, amministratori locali, rappresentanti delle istituzioni e cittadini comuni è continuo. La camera ardente è allestita al piano terra di casa De Mita, nel salotto che ogni anno si popolava in occasione dell’onomastico del vecchio leader democristiano. La bara, chiusa con un coperchio di cristallo, permette di rivolgergli un ultimo sguardo. Accanto al corpo un mazzo di carte napoletane, la sua passione, il tressette lo aiutava a tenere allenata la mente. I funerali nella basilica di Nusco cominciano puntuali alle 18,30. De Mita era fissato per la puntualità. All’interno c’è posto solo per i familiari più intimi e le più alte personalità istituzionali, a partire dal capo dello Stato Sergio Mattarella, amico di De Mita sin dai tempi della sua prima elezione alla Camera nel 1983.

Ci sono poi rappresentanti della vecchia e nuova politica che, visti tutti insieme nel giorno dell’ultimo addio all’ultimo dei potenti della Prima Repubblica, sembrano arrivare da galassie lontane. Per tutti gli altri, circa cinquecento persone, gente comune, c’è un maxischermo collocato in piazza Natale, a pochi metri dalla chiesa. La folla è tanta, da destra a sinistra tutti hanno voluto essere presenti. Ci sono il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, l’ex parlamentare Giuseppe Gargani, l’ex ministro Angelino Alfano, gli ex democristiani Clemente Mastella, Pier Ferdinando Casini, Nicola Mancino, Gerardo Bianco, Gianfranco Rotondi, il magistrato politico Catello Maresca, il governatore Vincenzo De Luca, il presidente Iv Ettore Rosato, il prefetto di Roma Matteo Piantedosi.

La cerimonia è officiata dall’arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, monsignor Pasquale Cascio, insieme al vescovo emerito di Salerno, Gerardo Pierro. «Da laico cristiano De Mita ha sempre pensato al popolo», dice monsignor Cascio durante l’omelia. Il figlio Giuseppe ricorda un vecchio insegnamento del padre: «Non c’è futuro senza memoria». L’ex Dc Casini, osservando la folla, commenta: «Tutta la gente che è qua dimostra cosa era la Dc».