La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna contro Mauro Moretti, ex Ad di Trenitalia, e contro diversi altri dirigenti delle ferrovie che erano stati messi alla sbarra per l’atroce strage del giugno 2009, provocata, nella stazione di Viareggio, dal deragliamento di un treno merci che trasportava Gpl e che correva a cento all’ora. Moretti era stato condannato a sette anni in primo grado, per una sfilza di reati colposi, tra i quali disastro colposo. Poi in appello l’accusa era arrivata a chiedere 15 anni, ma la Corte decise di confermare i sette. Ora la cassazione ha detto che il processo va rifatto, si torna in appello, perché la prima sentenza d’appello, sulla base della quale Mauro Moretti avrebbe dovuto entrare in cella e restarci almeno fino al 2026, era una sentenza che faceva acqua da tutte le parti. Il rinvio in appello riguarda solo il reato di disastro colposo perché tutti gli altri reati, minori, sono stati dichiarati prescritti. Sono passati 11 anni e mezzo dal momento della strage di Viareggio.
La decisione della Corte, che tra l’altro – per quel che riguarda Moretti – era stata sollecitata dal Procuratore Pasquale Fimiani (e questa è una cosa insolita, che dimostra che davvero c’erano pochi margini per avallare la sentenza dei giudici di primo e secondo grado) , ha suscitato moltissime proteste. Prima di tutto da parte dei parenti delle vittime. Poi dei politici un po’ di tutti gli schieramenti. Quasi fotocopia le dichiarazioni di Matteo Salvini e di un esponente del Movimento 5 Stelle (Roberto Traversi) – cioè dei rappresentanti dei due partiti populisti per eccellenza – ma non molto diversa la dichiarazione di Andrea Marcucci, che invece è un rappresentante del Pd, oltretutto dell’area liberal. “Una strage come quella di Viareggio non può restare impunita. Giustizia va fatta”. Ha detto Marcucci. Salvini e Traversi hanno aggiunto altre parole altisonanti, tipo “vergogna” (credo rivolte ai giudici della Cassazione), e il rappresentante dei grillini ha anche fatto polemica contro l’inciviltà della prescrizione ( e, evidentemente, anche dell’articolo 111 della Costituzione).
Ieri mattina, davanti al palazzaccio, a Roma, c’era un gruppetto di parenti delle vittime ad aspettare la sentenza. Altri si erano riuniti a Viraggio. Volevano la condanna. È difficile non rispettare il dolore e lo strazio dei parenti delle persone che sono morte in quel tragicissimo incidente ferroviario (32) ma questa usanza di mettere in diretta relazione l’aspettativa dei parenti delle vittime e il giudizio della Corte ha poco a che fare coi principi del diritto. I giudici devono stabilire se le persone imputate sono colpevoli o no. Punto. Il loro compito non è quello di dare o non dare soddisfazione alle vittime: devono semplicemente giudicare, singolarmente, ciascuna delle persone imputate. La responsabilità penale è strettamente personale. Dice anche questo la Costituzione. E naturalmente se la responsabilità è personale l’idea della “responsabilità oggettiva” è molto difficilmente assimilabile ai principi costituzionali. In ogni caso la giustizia penale non è risarcitoria. La pena di un imputato non è offerta ai parenti delle vittime come risarcimento. Il risarcimento per sciagure di questo genere deve esserci, ma non fa parte dell’aspetto penale del processo. Sette anni di carcere per Moretti non possono essere concepiti come misura utile per alleviare il dolore dei parenti. Si danno sette anni a Moretti se si ritiene che lui abbia avuto una responsabilità personale nella sciagura. Personale. Cioè che un suo atto, una sua decisione, una sua scelta, abbia in qualche modo determinato la sciagura. E se si stabilisce che, sì, una sua scelta ha determinato la sciagura, non si decide una pena “a favore” delle vittime. Si decide una pena contro Moretti.
I parenti delle vittime, naturalmente, hanno il pieno diritto a chiedere verità. In relazione a qualunque reato è così. Ma chiedere la verità non vuol dire chiedere una condanna comunque. Ieri tutti i siti web erano simili alle dichiarazioni dei politici (quasi sempre è così: non c’è più gran differenza tra siti web e politici), pieni di indignazione. Una sentenza di assoluzione, ormai da molti anni, è vissuta dalla nostra società come una vergogna. Le sentenze giuste – è questa l’idea vincente – sono quelle di condanna. Le altre sono scelte di resa, o scelte corrotte o pusillanimi, o da azzeccagarbugli. Qual è il ragionamento:? Un magistrato ti ha incriminato, dunque ti ha ritenuto colpevole. Allora sei colpevole. Se poi un altro magistrato ti assolve vuol dire che assolve un colpevole e che la giustizia è stata sconfitta. Nessuno pensa che il giudice deve giudicare in piena libertà e indipendenza se ha ragione la difesa o l’accusa. Sennò a cosa serve il giudice? A cosa serve la difesa? A cosa serve il diritto. Basta la sacra inquisizione.
Poi c’è la questione della prescrizione. Sta provocando molto scandalo il fatto che per alcuni reati sia scattata la prescrizione. Non provoca invece scandalo alcuno che un povero cristo, forse innocente, sia trascinato per undici anni con la gogna al collo, senza essere giudicato, per un reato, oltretutto, nel quale è esclusa in partenza ogni volontarietà. Come è possibile che il senso comune finisca per piegarsi – tutto il senso comune – a queste logiche infernali e così lontane dalla civiltà giuridica (come si è sviluppata, almeno dalla vecchia Roma a oggi)? Moretti andava condannato? Moretti è stato messo sotto accusa non per un suo atto ma per la sua carica. Le indagini non hanno ricostruito la catena di responsabilità che avevano permesso il deragliamento di un treno tedesco nel centro di Viareggio. Cioè non sono partite dalla sciagura, e dall’eventuale reato, per risalire ai responsabili. Sono partite dall’alto. Chi è il capo delle ferrovie? Il numero 1? Moretti? Ecco lì il primo responsabile. Poi chi c’è nella catena sotto di lui? Ecco il secondo il terzo e via via.
Può funzionare così la giustizia? Chiaro che no, però spesso funziona così almeno fino al primo grado di giudizio, e parecchie volte anche fino all’appello. In genere poi è la Cassazione ad intervenire secondo criteri che non sono più la demagogia e la soddisfazione dello spirito del popolo ( o semplicemente l’ansia di alcuni Pm) ma sono il diritto, le leggi e la Costituzione.
Va bene così? No, non va bene. Sembra quasi che si sia aperto uno scontro tra la Cassazione e il partito dei Pm. Sembra che gran parte dei magistrati della Cassazione si siano resi conto che l’Italia rischia di finire in una palude di illegalità e di sopraffazione. E cerchi di mettere un freno.
Spesso ci riesce. Grazie a Dio esistono i tre gradi di giudizio. Forse però se davvero si volesse riformare la giustizia, e anche renderla celere, bisognerebbe intervenire a valle. Se si impedisse ai Pm di avviare processi che non stanno in piedi, e poi di condurli al primo grado e al secondo e al terzo, senza ragione, la macchina della giustizia si disintaserebbe. Come? Recentemente le Camere penali hanno proposto che si rafforzi la responsabilità professionale dei magistrati. Cioè che finisca la loro totale impunità e incontrollabilità. Che i magistrati siano giudicati per il loro lavoro, come succede in tutte le professioni. Se un avvocato perde 50 cause su 51, non serve giudicarlo: il mercato lo elimina. E se un Pm arresta 200 persone e gliene assolvono 192 non succede niente. Se dovesse invece pagare, magari in termini di carriera, la prossima volta, prima di arrestare cercherà bene indizi e prove. E la giustizia si disintaserebbe. Con o senza prescrizione si otterrebbero, forse, processi seri e rapidi.
Furia contro i giudici che non mandano in cella Mauro Moretti
