Giuseppe Pedrazzini, per la morte dell’uomo trovato in un pozzo tornano in carcere figlia e genero: “Segregato per i soldi della pensione”

Devono tornare in carcere la figlia di Giuseppe Pedrazzzini, Giulia, e il genero Riccardo Guida. A stabilirlo il tribunale della Libertà di Bologna, che ha accolto il ricorso della locale Procura, che aveva impugnato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che disponeva ‘solo l’obbligo di dimora per i due indagati.

Ennesima svolta giudiziaria nell’inchiesta sulla morte del 77enne di Toano, in provincia di Reggio Emila, trovato morto in un pozzo non lontano dalla sua casa lo scorso 11 maggio, diverse settimane dopo la sua scomparsa.

Silvia Pedrazzini e il marito sono indagati, assieme alla moglie della vittima, Marta Ghilardini, per sequestro di persona, soppressione di cadavere e truffa ai danni dello Stato, per aver percepito la pensione dell’uomo anche dopo la sua morte. Misure cautelari che comunque restano sospese e non esecutive fino a quando non diventeranno definitive, ovvero fino alla decisione della Cassazione su eventuale ricorso delle difese.

Il ‘giallo’ di Giuseppe Pedrazzzini risale allo scorso 11 maggio, quando i carabinieri trovano un corpo in un pozzo a Cerrè Marabino di Toano, che poche ore dopo verrà riconosciuto come il 77enne agricoltore in pensione. L’anziano era in realtà svanito nel nulla da fine gennaio, ma i parenti non ne avevano mai denunciato la scomparsa. A muoversi ufficialmente erano stati invece alcuni conoscenti che, di fronte alla scomparsa dell’uomo, si erano recati ai carabinieri.

Stando all’inchiesta condotta dai carabinieri su delega della Procura, i tre familiari di Pedrazzini indagati avrebbero agito per motivi economici: l’avrebbero fatto ‘scomparire’ per poi continuare ad incassare la pensione dell’uomo anche dopo la sua scomparsa.

Agli atti, scrive il Corriere della Sera, vi sono anche le parole di un nipote dell’anziano, che ha riferito agli inquirenti di aver visto il nonno piangere perché non poteva vedere i suoi amici. L’uomo, stando a quanto raccontato anche dalla moglie, indagata a sua volta per sequestro di persona, fu tenuto segregato per motivi economici.

Il ruolo principale nella vicenda lo avrebbero avuto figlia e genero di Pedrazzini. Dal loro comportamento, sottolineano i giudici, emerge “l’assenza di ogni remora nel dar esecuzione a un progetto criminale come quello di cui è stato vittima” l’anziano, “lasciato morire, senza alcuna assistenza sanitaria, nella propria abitazione sebbene, quantomeno negli ultimi giorni prima del decesso le sue condizioni fossero di molto peggiorare”.