Sono usciti questa mattina dal carcere di Reggio Emilia, dopo quattro giorni in una cella, perché il Gip ha fatto decadere le accuse di omicidio e sequestro di persona, confermando solo la soppressione di cadavere e disponendo per questo la misura cautelare dell’obbligo di dimora e di firma.
C’è una svolta nell’indagine sulla scomparsa e sulla morte di Giuseppe Pedrazzini, il 77enne trovato in un pozzo vicino a casa a Toano (Reggio Emilia) la sera dell’11 maggio, venendo poi estratto senza vita la mattina seguente.
Nelle ore successive i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Reggio Emilia e di Castelnovo avevano sottoposto a fermo il genero del 77enne, Riccardo Guida, la figlia Silvia, questi due indagati con le accuse di omicidio, occultamento del corpo e sequestro di persona, mentre la moglie Marta Ghilardini solo per occultamento di cadavere.
Ma a distanza di quattro giorni, mentre la Procura aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, il giudice per le indagini preliminari ha rigettato per i reati di omicidio e sequestro di persona, mentre ha disposto la misura per soppressione di cadavere.
La segnalazione della scomparsa era arrivata da alcuni amici ai carabinieri di Toano, che avevano sottolineato come Pedrazzini non si vedeva in paese da diversi mesi. I sospetti sulla scomparsa e sulla morte di Giuseppe Pedrazzini erano subito ricaduti sui parenti più ‘stretti’ di Pedrazzini, che “non avevano denunciato la scomparsa dell’uomo”, sottolineava la Procura annunciando il fermo di figlia, genero e moglie dell’anziano.
Uscendo dal carcere, Riccardo Guida e Silvia Pedrazzini si sono sfogati con i giornalisti che erano lì ad attenderli: “Sappiamo solo che ci hanno bloccato un rogito di una casa che doveva fare la madre (Marta Ghilardini, ndr) da 50mila euro ed evidentemente a qualcuno non andava bene. C’è molto altro sotto e lo verrete a sapere…“, ha spiegato Guida, che quanto alla morte del suocero ha preferito non rilasciare dichiarazioni. “Sicuramente uscirà la verità e la verrete a sapere. Perché non abbiamo denunciato la scomparsa di mio padre? Parlatene col nostro avvocato”, sono state le parole di Silvia Pedrazzini, figlia del 77enne trovato morto nel pozzo vicino casa.
Il tema della mancata denuncia viene commentato così da Ernesto D’Andrea, avvocato difensore dei due coniugi: “Fa parte della soggettività di ciascuno. I miei clienti hanno detto di non sentirsi in dovere di fare denuncia. Ognuno ha una sensibilità, magari dopo un giorno dalla scomparsa c’è chi sarebbe andato a fare denuncia e chi no. Ma non l’hanno presentata nemmeno i fratelli e le sorelle che invece sono già corsi in Procura per costituirsi parte civile”.
Quanto al rilascio dei suoi clienti, per il legale “è il trionfo della giustizia“. Sull’inchiesta le parole sono più dure, in particolare nei confronti della Procura che aveva disposto il fermo dei familiari dei Pedrazzini: “Come si fa a parlare di omicidio se ancora non si ha la certezza che si sia trattato di questo – ha puntato il dito il legale -. Se fosse morto per cause naturali, avremmo tenuto in carcere tre persone per tutta la durata delle indagini preliminari?“. Poi contesta: “Il sequestro non sta in piedi, i testimoni della pubblica accusa hanno confermato quanto detto dall’ospedale Sant’Anna di Castelnovo Monti dove è stato ricoverato e cioè che la vittima ha avuto sbandamenti a livello di capacità mentali conseguenti a un ictus avuto in precedenza e ad una ricaduta avuta a dicembre. La data di contestazione del sequestro è dal 9 dicembre 2021 al 30 gennaio 2022 quando Pedrazzini è uscito dall’ospedale. Un testimone ha dichiarato di averlo sentito l’ultima volta proprio il 30 gennaio e che stava malissimo. A che titolo i miei clienti avrebbero fatto il sequestro?“.
A questo punto sarà fondamentale l’autopsia sul corpo dell’anziano, che si svolgerà nella giornata odierna e potrà così stabilire la causa del decesso e anche da quanto tempo il corpo di Pedrazzini fosse lì. Per ora sono stati esclusi segni di violenza.
