Nel Sì&No del Riformista, spazio al dibattito sulla privatizzazione dei porti. Favorevole il portavoce di Forza Italia Raffaele Nevi che guarda all’esempio di Rapallo: “Ora è uno dei più importanti del Mediterraneo”. Contrario il Viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti Edoardo Rixi: “Il porto deve rimanere un asset al servizio dell’economia di tutto il Paese”.
Di seguito il commento di Edoardo Rixi
La centralità del Mediterraneo è fondamentale, visto che il nostro Paese ha l’opportunità di essere l’epicentro dello sviluppo dell’intero Continente. La stabilizzazione e lo sviluppo del Nord Africa è importante per consentire all’Italia di avere una crescita duratura. Per questo è sostanziale tornare a parlare di riforma del sistema portuale e di marittimità. Importiamo tutte le materie prime e i semilavorati per poi esportare quasi tutta la nostra produzione. Abbiamo necessità diverse rispetto ad altre realtà come Francia e Germania che hanno pochi grandi porti, mentre noi ne abbiamo molti con dimensioni e vocazione profondamente diverse. La soluzione per rilanciare il nostro sistema portuale non può essere privatizzazione, ossia la vendita di asset fondamentali a singoli operatori privati.
In Europa ci sono situazioni differenti. Tra i soci della Hamburg Port Authority, ad esempio, ci sono anche il Comune e il Lander che danno vita a una sorta di “contaminazione” delle autorità portuali, ma questo può avvenire solo in grandi realtà. Amburgo movimenta circa 9 milioni di Teu all’anno. In Spagna, altra Nazione con un numero importante di scali sul territorio e di differenti dimensioni, il Puerto del Estado esegue la politica portuale del Governo coordinando e controllando l’efficienza del sistema portuale. In Grecia, invece, la vendita al privato ha portato al controllo cinese del Pireo. In Italia bisogna capire quindi quale strada seguire: probabilmente elaborando un modello che metta insieme la capacità di coordinamento iberica col radicamento territoriale tedesco, evitando gli errori dei greci.
Serve una profonda revisione, più che vendere ai privati. Il porto fa economia e quindi deve avere una flessibilità nella sua struttura che possa evolversi con il mercato, cosa che oggi i porti italiani non hanno. Può esserci un dibattito sul progetto di riforma dopo che la legge delega nei prossimi mesi sarà portata in Parlamento, dando al governo la possibilità di affrontare il tema per il controllo del sistema. Il principio è che il porto deve rimanere un asset al servizio dell’economia di tutto il Paese. Soprattutto in Italia, seconda industria manifatturiera e terza potenza agricola dell’Ue, che ha una grande necessità di esportazione e deve gestire i canali di approvvigionamento. La riforma deve essere ben strutturata all’interno del nostro ordinamento giuridico.
Per quanto riguarda il confronto all’interno del centrodestra, è ovvio e sottinteso che dialogheremo con tutti. Una riforma portuale deve avere un’ampia condivisione, anche coinvolgendo le forze dell’opposizione. Se non ci sarà una profonda revisione il rischio sarà quello di non avere gli strumenti adeguati per affrontare un mondo che sta cambiando sempre più rapidamente. Il punto da tenere in considerazione è l’importanza di mantenere in mano pubblica le giuste leve che consentano di agevolare investimenti privati senza però far diventare i nostri porti “un supermercato”.
C’è una grande differenza tra subire o gestire le pressioni economiche. La privatizzazione dei porti potrebbe creare situazioni di monopolio che in passato abbiamo vissuto in modo negativo. I privati in molti scali europei investono miliardi di euro benché si tratti di porti pubblici. Il ministro Tajani ha ragione quando dice che il nostro Paese deve aumentare quanto i porti generano per lo Stato in termini di fiscalità. Il punto è che non lo si fa vendendoli, ma creando le condizioni affinché siano più efficienti. Ad esempio, se facessimo in modo che venissero scelti come luogo di sdoganamento delle merci destinate ad altri paesi europei, intercetteremmo una parte dei loro diritti doganali.
